Skip to main content

casa itaca minoriChe cos’è la giustizia? Come è possibile riparare ad un errore compiuto in giovane età , magari in età adolescenziale? Questi sono gli interrogativi che hanno fatto nascere l’esigenza di sperimentare nuove vie, nuovi metodi (del resto méthodos in greco antico vuol dire proprio mettersi in cammino verso), applicando sul territorio i principi della “giustizia ripartiva”, una modalità innovativa di affrontare i conflitti scaturiti da azioni illecite coinvolgendo maggiormente la vittima, il reo e la comunità civile. La proposta è quella di riparare al danno commesso, riconciliare le parti e rafforzare in questo modo il senso di sicurezza collettivo a partire da una diffusa strategia di ricostruzione e promozione del “senso di comunità”.

Gli articoli 28 e 29 del D.P.R. n 448/1988 stabiliscono che “il giudice può disporre con ordinanza la sospensione del processo quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne” attraverso una “prova” ; precisamente “affida il minorenne ai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia per lo svolgimento delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno”. Questa sospensione è temporanea e, se la prova dà esito positivo, il reato può essere dichiarato estinto.

In quest’ottica di attenzione ad un territorio “riconciliato”, l’Ufficio Tutela del Comune di Rho gestito da SER.CO.P. (Azienda Servizi Comunali alla Persona) e la Cooperativa Intrecci hanno messo in campo una strategia innovativa: dare la possibilità ad adolescenti e giovani autori di reato di sperimentarsi in un percorso di riparazione. La palestra dove mettersi alla prova è stata individuata in Casa Itaca, un contesto non certo di facile gestione ma capace di mobilitare risorse sopite e forse mai sospettate.

Ma cosa si fa concretamente? Innanzitutto il lavoro di rete è centrale. A partire da una presa in carico del servizio tutela, con prescrizioni dirette e precise da parte dell’Autorità Giudiziaria definite con sentenza, il giovane candidato è segnalato al coordinatore del servizio. Dopo alcuni incontri di conoscenza reciproca si condivide un progetto comune ed un percorso ben preciso in relazione alle disponibilità e al mandato del Tribunale per i Minorenni. Puntualità al servizio, capacità di collaborare con gli operatori ed i volontari, disponibilità a mettersi in gioco sono i requisiti fondamentali per una positiva riuscita dell’esperienza. Le verifiche periodiche vengono fatte dal servizio tutela e dal Giudice responsabile dell’andamento del percorso; il ragazzo segue inoltre uno specifico percorso di sostegno presso il servizio affidatario.

I ragazzi inviati da SER.CO.P. per vivere quest’esperienza a Casa Itaca avevano tutti alle spalle fenomeni di bullismo attivo e passivo come origine dei reati commessi. Riempire le proprie giornate con uno scopo da perseguire, sentirsi responsabilizzati ed ascoltati ha sicuramente aiutato questi giovani a scoprire lati del sé insospettati.

L’esperienza di Giovanni
Giovanni ha alle spalle una storia difficile. Non è certo entusiasta di frequentare la scuola, preferendo a questa la compagnia dei pari. Il vuoto della giornata, gli insuccessi scolastici, non gli consentono di crescere responsabilmente.
Preso dal risentimento e trascinato in un mondo di devianza, comincia a mettere in atto episodi di bullismo a danno dei suoi simili. Odia talmente la scuola che un giorno arriva addirittura a danneggiarla, provocando diverse migliaia di euro di danni. Anche le risse sono all’ordine del giorno, pretesto per affermare la propria superiorità nei confronti di un mondo che lo considera inferiore. Un giorno fa seriamente male ad un’altra persona e la giustizia lo condanna. Si tenta però una via diversa: la richiesta fatta a Giovanni è quella di dimostrare quello che vale impiegando il suo tempo per accostarsi ad un mondo di difficoltà . Forse dal confronto con uomini e giovani che tentano di costruirsi/ricostruirsi una vita potrà nascere uno stimolo ad accostare la vita con minore risentimento, sapendo cogliere anche dalle difficoltà stimolo a migliorare e proseguire nel cammino.

Man mano che passavano i giorni Giovanni si è fatto conoscere per quello che è. Bisognoso di rassicurazione, di sostegno, ma capace di essere protagonista di sé (come dimostra il costante impegno a cercare un impiego, non certo facile di questi tempi).
Fra l’apparecchiare la tavola, una partita di calcetto, la visione di un film, il sistemare la cantina e progettare un nuovo modo per gestire il magazzino, Giovanni ha imparato a conoscersi meglio. Ma sentiamo la viva voce di Giovanni: “La mia presenza a Casa Itaca è dovuta al dover recuperare alcuni errori del passato, quindi oggi mi ritrovo a descrivere, dopo un anno e tre mesi, la fine di questo percorso. Ammetto di aver avuto alcune difficoltà nel primo periodo ad approcciarmi con gli utenti, o a condividere il pasto e le mansioni quotidiane, ma sinceramente sono rimasto stupito di scoprire come andando avanti le cose siano diventate spontanee. Oggi manca davvero poco per terminare il percorso e posso dire che le persone che lavorano qui mi siano state molto d’aiuto, per capire come fare ad affrontare problemi con chi non sempre vuole collaborare, per cercare di rimanere calmo e controllare il mio stato d’animo quando le cose degenerano e per sentire che il mio lavoro può davvero fare del bene. Vi ringrazio per i momenti passati insieme e sopratutto per le feste!
Vorrei aggiungere che quello che ho conosciuto di Casa Itaca mi era sconosciuto e mi consola sapere che esistono strutture come questa”.
Giovanni in questi mesi ha riscritto il suo vocabolario. La parola problema non ha più il significato di ostacolo impossibile da valicare ma quello di opportunità , di occasione di un cambiamento per mobilitare tutto se stesso nel trovare la soluzione.

Il punto di vista degli operatori

Diverse sono già state le presenze a Casa Itaca di giovani a cui è stato concesso di riparare ad un reato in un modo “alternativo”. I ragazzi inviati da SER.CO.P. per vivere quest’esperienza a Casa Itaca avevano tutti alle spalle fenomeni di bullismo attivo e passivo come origine dei reati commessi. Storie differenti che in larga parte attingono ad un vuoto esistenziale, ad una mancanza di riferimenti adulti ed al gruppo dei pari che spesso condiziona i comportamenti individuali.
Riempire le proprie giornate con uno scopo da perseguire, sentirsi responsabilizzati ed ascoltati ha sicuramente aiutato questi giovani a scoprire lati del sé insospettati. Ci siamo infatti accorti che questi giovani messi a contatto con una realtà difficile, con un compito da svolgere ed una responsabilità da assumere, sono stati in grado di rendersi protagonisti di grandi cambiamenti, in primo luogo a livello individuale. A partire spesso da un’emotività bloccata, dove l’empatia non è di casa, si sono spesso aperti spiragli di attenzione e disponibilità , sono nate domande sul perché dell’esclusione, forse in alcuni si è prefigurato uno scenario di vita da evitare. Ma non è con il metodo del timore che si generano i cambiamenti, bensì con l’esperienza diretta, con il coinvolgimento personale, con la testimonianza anche di operatori e volontari che fanno vedere quanto il prendersi cura degli altri sia in primo luogo un buon modo per conoscersi.
Non siamo infatti “gettati” nel mondo, bensì “dimoranti”, collocati in un tempo ed un luogo, con un compito da svolgere che è in primo luogo quello di condividere con gli altri le proprie capacità , ma anche le debolezze.

Ci auguriamo che i giovani che hanno trovato in Casa Itaca un’occasione per riparare possano farsi protagonisti e costruttori di un futuro migliore.

Danilo Giansanti, coordinatore Casa Itaca e Francesca Musicco, coordinatrice Tutela Minori.