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martini carcereCarlo Maria Martini ha segnato in profondità, seppur indirettamente, anche la vicenda di Intrecci.

Diversi fra noi, infatti, sono cresciuti con i suoi indimenticabili insegnamenti: dalle scuole della Parola in Duomo alle scuole socio-politiche, dalle lettere pastorali agli abbondanti scritti  dell’ultimo periodo, quando aveva già lasciato la diocesi di Milano. Momenti indimenticabili e di straordinaria intensità, in cui si sono formate migliaia di coscienze di giovani cattolici delle nostre comunità. Ma anche tempo di semina di valori umani profondi per la vita dell’intera comunità civile.

E’ da questi insegnamenti che parte l’esperienza della cooperazione sociale promossa dalla Caritas Ambrosiana. Nel 1985 la Chiesa Milanese, con un grande convegno ad Assago che coinvolge migliaia di persone, si interroga sulla carità e qui viene presentata la nuova lettera pastorale dal titolo ‘Farsi Prossimo’. Martini, partendo dalla nota parabola del Samaritano, la reinterpreta in chiave moderna e cerca di affrontare le principali criticità della società moderna, riaffermando la centralità del ‘farsi prossimo’ come base su cui fondare l’esperienza umana e la costruzione della società.

“Nella società attuale, amare con paziente concretezza il fratello povero, bisognoso, oppresso significa non limitarsi a fare qualche intervento personale ma anche cercare di risanare le condizioni economiche, sociali, politiche della povertà e dell’ingiustizia”, scriveva il Cardinal Martini nella sua lettera. Un passaggio che diventa cruciale per la Caritas Ambrosiana, dalla quale, nel giro di qualche anno dal convegno, vengono promosse le cooperative sociali che si riconosceranno in un Consorzio, che, non a caso, verrà chiamato proprio Farsi Prossimo: segno distintivo di un’azione che, ricollegandosi proprio alla lettera pastorale, vuole distinguersi per lo stare accanto ai più deboli.

 Quando, in un caldo giugno del 2003 nove persone, in un freddo studio notarile, fondano Intrecci hanno ben presente quel punto di riferimento: “La carità cerca insieme di diventare sempre più intelligente ed efficace, cioè cerca di capire dal di dentro i fenomeni complessi della società attuale e sperimenta gli strumenti più adatti per rispondere ai bisogni, alle povertà, alle sofferenze”.

Non so se poi alla fine siamo riusciti a fare di Intrecci quanto ci si aspettava, però le sue parole sono e resteranno un faro per la cooperativa. Penso perciò che abbia fatto bene il mio amico Giovanni Lucchini, Presidente della cooperativa Filo d’Arianna, anch’essa socia del Consorzio Farsi Prossimo, a inviare la lettera pastorale di Martini a tutti i suoi soci e dipendenti. Anche noi di Intrecci vogliamo ripetere questo semplice gesto mettendo sul sito il testo integrale, a beneficio dei nostri soci, dipendenti e amici, invitando a leggerlo o rileggerlo, magari proprio a partire dallo stato attuale di crisi in cui versa il nostro Paese ed in generale il mondo occidentale.

 Nei giorni immediatamente successivi alla sua morte abbiamo sentito e letto di tutto su Martini. Non è certo in questa sede che ne possiamo parlare, vista anche la vastità del suo magistero.

Nel corso dei suoi 22 anni di episcopato, il Cardinal Martini si è occupato di tanti aspetti della vita umana, ecclesiale e civile. Nei giorni successivi alla sua morte si è voluto esaltare ora un argomento, ora un altro tema. Ma la grandezza del suo pensiero risiede non tanto in uno o nell’altro di questi aspetti singolarmente presi, ma nel concetto generale della vita proposto, capace di mettere  al centro sempre il rispetto della dignità di ogni uomo, il senso alto della giustizia, l’amore incondizionato verso il prossimo, il valore precipuo del bene comune. Ed è per questo che il suo pensiero può restare un punto di riferimento anche per i più giovani o per chi non l’ha conosciuto. Anche tra noi. Anche in Intrecci e tra i lettori della nostra newsletter.

 Alcuni fra noi hanno avuto la possibilità di incontrarlo e di conoscerlo e sanno che la sua grandezza è stata nella sua profonda umanità e umiltà. Un uomo sapiente, di grande autorità, apparentemente austero che amava però le cose semplici.

E’ così che, nel lontano 1999, trovandosi al Santuario di Rho per un incontro con i Padri Oblati e  avendo appreso che nella stessa struttura opera una comunità di accoglienza per stranieri, chiede di poterla visitare. Erano quelli gli anni in cui con Paola eravamo responsabili di quella comunità, abitando in un appartamento attiguo. In pochi minuti improvvisiamo un incontro informale nel quale presentiamo ospiti, volontari e finalità dell’iniziativa. Il Cardinale ascolta attentamente e chiede con curiosità ma la cosa non finisce qui. Ad un certo punto si rivolge proprio a Paola e a me e ci chiede con semplicità di poter essere accolto in casa nostra, dove sosterà per qualche minuto, per poi congedarsi con una preghiera recitata insieme ed una benedizione.

 Una delle ultime volte che l’ho incontrato è stato nel 2008. Con don Giampaolo e Andrea  siamo andati a prenderlo a Gallarate presso la casa dei Gesuiti, dove risiedeva, per portarlo ad un incontro a Rho. Prima di congedarci ha voluto regalarci il suo ultimo libro (riuscirà poi a scriverne qualcun altro) “Conversazioni notturne a Gerusalemme, sul rischio della fede”, scrivendo di suo pugno con grande fatica una breve dedica. A questo libro sono rimasto molto affezionato, perché ancora una volta emerge la profondità di un uomo che, pur nella consapevolezza della fine della vita, riesce a guardare oltre.

Dio vuole da noi che abbiamo fiducia in lui e anche l’uno dell’altro. La fiducia viene dal cuore. Se abbiamo fatto molte esperienze positive (da bambini, con i genitori, con le persone cui vogliamo bene) diventiamo persone forti e sicure. Chi ha imparato ad avere fiducia non trema, anzi, ha il coraggio di darsi da fare, di protestare quando viene detto qualcosa di spregevole, di cattivo, di distruttivo. E soprattutto ha il coraggio di dire sì quando si ha bisogno di lui. (….) Abbiate coraggio! Rischiate qualcosa! Rischiate la vostra vita!”

 Massimo Minelli