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maniinpiazzaMa non vanno a scuola ‘stì ragazzi? Sono venuti in Italia a fare niente, solo a guardare il cellulare?”.

Siamo a luglio inoltrato e la giovane commessa del negozio che si affaccia sulla piazza non ha esitazioni nel farmi capire come la pensa, indifferente al fatto che nel mese di luglio nessun ragazzo va a scuola, non solo gli stranieri.

Casa Elim si affaccia su Piazza Indipendenza a Villastanza, una chiesa, un fiorista, una panetteria, una pizzeria, un bar e una quindicina di panchine su cui si raccolgono le diverse anime sopravvissute di questa frazione di periferia, anziani a riposo, giovani assetati, badanti dell’est e frotte di bambini che sporadicamente attraversano la piazza, schivando nonni e panchine con le loro biciclette. Un blocco di granito alto un metro e mezzo, vagamente sagomato e quasi sempre a secco, aspira ad essere una fontana e completa l’arredo di questa piazza i cui sei alberelli striminziti offrono pochi metri quadri di riparo dal sole. Non sono pochi gli sguardi interrogativi che ti accompagnano quando attraversi questi spazi per arrivare a Casa Elim e lo sfogo della commessa sembra dare voce a un pensiero di molti. Il progetto Mani in Piazza è nato da questo, un luogo e degli sguardi, e dal tentativo di cambiare il punto di vista, quello da cui osservi gli spazi e le persone che incontri ogni giorno, attraverso una attività semplice e concreta di manutenzione delle panchine della piazza. L’idea è stata quella di attivare i ragazzi ospiti in una attività di utilità pubblica che permettesse di restituire alla cittadinanza locale oltre a un beneficio concreto di arredi pubblici più decorosi, anche un’immagine differente dei nostri giovani ospiti. Carta vetrata, guanti, pennelli e impregnante sono stati gli strumenti di lavoro dei ragazzi che con un entusiasmo e una competenza ben superiore ad ogni aspettativa si sono impegnati per diverse giornate nello scrostare, levigare e riverniciare il legno delle panchine della piazza. Comprare la coca cola dalla panettiera, fermarsi per un caffè offerto dal bar della piazza, scambiare due parole con chi da mesi ci osservava transitare sono state occasioni semplici di reale integrazione in cui ragazzi e locali hanno superato, anche solo con una semplice battuta, timidezze e pregiudizi. Molti i complimenti e gli incoraggiamenti ricevuti, a testimonianza del fatto che quando si supera lo stereotipo mediatizzato del migrante e si creano le condizioni per un incontro concreto, immediatamente si interrompe il pregiudizio.

‘Mani in piazza’ ha voluto dire prima di tutto coinvolgersi, rendersi visibili; un tentativo, un primo passo verso nuove forme di collaborazione che speriamo potranno vedere impegnati nuovamente i nostri ospiti in attività di (non) – cittadinanza attiva.

Carlo Iato