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Il progetto “Accoglienza ucraini Varese”, nasce nell’estate 2022 all’interno della convenzione nazionale stipulata fra Caritas e Dipartimento della protezione civile in risposta all’emergenza nata a seguito della guerra in Ucraina. L’obiettivo di Protezione civile è quello di dare un’accoglienza più accurata rispetto a quella emergenziale messa in atto ospitando i profughi nelle strutture alberghiere; è questo il motivo che la spinge a collaborare con Caritas, ente storicamente impegnato nelle accoglienze e capace di mettere velocemente a frutto anni di esperienza e di relazioni costruttive create a livello locale.

Caritas Ambrosiana ha conferito a Intrecci l’incarico di gestire gli appartamenti del Varesotto: di fatto ne verranno utilizzati solo 10 situati nei Comuni di Gavirate, Comerio, Barasso, Busto Arsizio, Montonate; in tutto abbiamo ospitato 13 nuclei familiari per un totale di 42 ospiti.

Ad oggi, a due anni e mezzo dallo scoppio della guerra, abbiamo in funzione ancora 7 appartamenti e ospitiamo 23 persone.

Il progetto dunque si occupa di offrire vitto e alloggio, ma anche di accompagnare le persone in un percorso di sostegno nella difficoltà di trovarsi, repentinamente e in modo totalmente inatteso, a reinventare la propria vita in un Paese straniero.

Siamo quindi nati in un contesto in cui ancora si credeva che la guerra in Ucraina sarebbe stata “una guerra lampo”, che avrebbe permesso a breve un rientro in patria. Gli obiettivi di lavoro erano dunque concentrati nell’accoglimento del dolore, nell’ascolto, nella creazione di legami con le comunità. In quella fase gli Ucraini hanno goduto dell’appoggio profondo e sincero da parte della popolazione italiana e delle Istituzioni. Si è espresso un “meglio possibile”: burocrazia snellita sia nel sanitario che nell’emissione dei permessi di soggiorno, agevolazioni economiche, vicinanza e sostegno diffusi, gli appartamenti messi a disposizione sono stati molti e molto curati. Gli Ucraini si sono sentiti “fratelli”, ben voluti e ben accolti, ci hanno restituito gratitudine, impegno, desiderio di scambio e di essere di aiuto nelle nostre comunità, hanno sentito compreso, e dunque sopportabile, il proprio dolore.

Ci chiediamo spesso come potrebbero cambiare le sorti di tutti coloro che arrivano come profughi in Italia – e le sorti stesse delle nostre comunità – se questa capacità di comprensione e sostegno reciproco rimanesse nel tempo viva e viva con l’intensità e la profonda commozione che ha caratterizzato quei giorni.

La guerra purtroppo ha tolto, nel tempo, l’orizzonte della fine e della pace immediata, ha obbligato ogni rifugiato ad interrogarsi sul proprio futuro e a cercare di programmarsi una vita diversa da quella che aveva sognato. Alcuni sono rientrati, quelli che avevano una casa lontana dalle zone direttamente interessate dal conflitto armato, altri hanno scelto di restare in Italia, perché comunque spaventati dall’instabilità del loro Paese o perché non avevano più una casa in cui rientrare, distrutta o fortemente minacciata dalla vicinanza alle zone più compromesse e a quelle occupate.

È stata una fase psicologicamente molto delicata, ma tutti hanno trovato la forza di darsi da fare, hanno imparato l’italiano, cercato occupazione e sono diventati sempre più autonomi nella gestione delle proprie vite. Alcuni di loro hanno già trovato la casa e sono usciti dal progetto, altri stanno ancora cercando di stabilizzare il contratto di lavoro per poter procedere alla ricerca di un’abitazione. Casa e lavoro stabile sono per tutti gli scogli più duri da superare, e soprattutto per i numerosi nuclei familiari monoparentali, perché in Italia è molto difficile ottenere un contratto solido e poter accedere al mercato immobiliare.

Sarebbe davvero bello se la fiducia nel popolo ucraino, ma più in generale la fiducia negli stranieri seriamente impegnati a costruire il proprio futuro all’interno delle nostre comunità, si facesse ancora sentire forte anche nella scelta di mettere a disposizione le proprie case, questa volta non gratuitamente, ma con contratti di affitto alleggeriti dalla mole di clausole che oggi rendono inaccessibile il mercato immobiliare. Sono persone piene di dignità, desiderose di emancipazione e di corresponsabilità, anche se spesso il loro entusiasmo si scontra con le fatiche reali della nostra società.

Oggi si parla meno della guerra in Ucraina e molti si interrogano sul perché i profughi continuino a restare in Italia e a carico dei servizi, si chiedono se arrivano nuovi profughi e perché. Proviamo a lasciarvi qualche spunto di riflessione, regalandovi alcuni pensieri che raccogliamo negli incontri quotidiani con i nostri ospiti.

“oggi la mia casa in Ucraina c’è ancora e nella mia zona non cadono razzi da molto tempo, però li vediamo passare tutti i giorni, sono quelli diretti a Kiev o verso altre città più grandi”

“mio marito si è offerto come militare volontario, sta mesi al fronte, quest’anno è tornato per 15 giorni ed è subito ripartito, crediamo nel suo impegno ma è difficile, molti sono morti”

“in Ucraina i soldati volontari sono ormai pochissimi, c’è bisogno di uomini al fronte e molti vengono arruolati forzosamente; se perdi il lavoro, e molti lavori sono in crisi, è quasi certo che verranno a prendenti per portarti nell’esercito. Mio marito non vuole combattere, vorrebbe fuggire ma è molto pericoloso e difficile”

“Sono stata a Kiev questa estate, le sirene sono suonate quasi tutte le notti, ho sentito molti scoppi, molti colpi sono stati fermati dai sistemi di difesa, ma anche i missili o i droni colpiti cadono e possono creare incidenti gravi”

“nella mia casa di Odessa vivono amici scappati dalle zone occupate, sono contenta di dare loro la mia casa, le sirene suonano spesso anche lì, ma loro sono più al sicuro, e resta protetta anche la mia casa che altrimenti potrebbe venire occupata”

“la vita in Ucraina è sempre più costosa, si trova ancora tutto ma a prezzi altissimi, mio papà vive in campagna e si arrangia con l’orto e la stufa a legna, quando va a Kiev per prendere le medicine allora è molto difficile, la pensione non gli basta per pagarsi il viaggio e il cibo per le notti che passa nella casa in città, molte attività lavorative sono allo stremo, la nostra economia è duramente provata”

“noi non possiamo più rientrare nel nostro Paese, io sono di origine russa, mio marito ucraino, io e i miei figli siamo messi al bando dal governo ucraino e anche da quello russo”

“in Ucraina la situazione fra le persone è sempre più tesa, c’è conflitto fra chi vorrebbe che la guerra finisse subito, anche a costo della resa, e chi sostiene la posizione del governo; si ha paura a parlare soprattutto se si vuole la pace immediata”

“in Italia è difficile da sola con due figli, anche se lavoro so che nessuno mi darà una casa, ma ci sono tante case disabitate qui vicino, perché nessuno di loro affitta la casa? Io la pagherei”

Ad oggi alcuni Ucraini ancora scelgono di lasciare il proprio Paese, alcuni uomini riescono a fuggire, sono ancora molti i profughi accolti da Protezione civile negli alberghi e in attesa di trovare una collocazione nei progetti di accoglienza come il nostro.