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È un tema caldo quello della cittadinanza e oggi proviamo con concretezza e dati a sfatare la narrazione che la cittadinanza sia un regalo, una concessione fatta per bontà d’animo e non un vero e proprio diritto acquisito con tempo, sacrificio e rispondendo a dei requisiti che sono, come vedremo, tutt’altro che iper-inclusivi.

Partendo dal presupposto che sono diversi i modi di acquisire la cittadinanza (dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91) qui ci soffermeremo sull’articolo 9/lettera f, ovvero la cosiddetta “richiesta per residenza”. Partiamo dalle parole della legge stessa: “La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno: f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica”.
È quindi evidente che il primo requisito per poter richiedere la cittadinanza è una residenza di 10 anni che sia legale ed ininterrotta. Dieci anni della propria vita trascorsi dimostrando di essere degni di appartenere a questo Paese; ma non bastano i dieci anni: serve dimostrare di avere altre caratteristiche.
Nello specifico: bisogna dimostrare di conoscere l’italiano non inferiore al livello B1 del QCER, sostenendo e pagando esami di certificazione. Bisogna avere un reddito adeguato, che non deve essere inferiore a quello dell’assegno minimo sociale per i tre anni precedenti alla domanda, avere un casellario giudiziario immacolato e superare gli altri eventuali controlli che lo Stato ritiene di dover fare.

Una volta presentata la domanda, inizia l’attesa. I tempi di definizione dei procedimenti sono di 48 mesi per le domande presentate entro il 20 dicembre 2020 e di 24 mesi (prorogabile a 36 mesi) per le domande presentate dopo il 20 dicembre 2020. Nella realtà, i tempi di attesa possono variare dai 2 ai 4 anni, e molte persone aspettano anche più a lungo.
Quindi dopo aver già aspettato dieci anni per poter fare domanda, bisogna aspettare altri 2-4 anni per una risposta. In totale, possono servire fino a 14 anni per ottenere il riconoscimento di essere italiani.

Quando finalmente arriva l’agognato decreto, non è un dono, ma il riconoscimento di un diritto. È l’ammissione che quella persona ha dimostrato, attraverso anni di vita in Italia, di essere già italiana nei fatti: paga le tasse, rispetta le leggi, partecipa alla vita comunitaria, ha costruito qui la sua famiglia e il suo futuro.

Qualche dato per capire di cosa stiamo parlando: nel 2024 sono circa 50.000 i bambini nati in Italia con cittadinanza straniera. Bambini che con tutta probabilità non avranno contatti con il paese di origine dei genitori se non attraverso le storie e i racconti delle mamme e dei papà. Sono circa 900.000 gli studenti nelle scuole italiane che non sono cittadini italiani, studenti di serie B che spesso faticano a fare cose naturali come andare in gita o accedere ad un concorso.
Nel 2024 sono state 217.000 le cittadinanze acquisite. Non milioni. 217.000 persone che di fatto hanno visto riconosciuto un diritto acquisito con tempo, energia, fatica e dopo tanti ostacoli.

È importante cambiare la narrazione: chi ottiene la cittadinanza italiana non dovrebbe ringraziare per un favore ricevuto, ma essere orgoglioso di un traguardo raggiunto. Ha superato prove che molti cittadini per nascita non saprebbero affrontare, ha dimostrato una conoscenza dell’italiano e dell’Italia spesso superiore a quella di chi è nato qui.

La cittadinanza italiana è un diritto che si costruisce, giorno dopo giorno, anno dopo anno. È il frutto di un investimento emotivo, economico e sociale in questo Paese, è la fine di un percorso lungo e difficile, non l’inizio di un debito di gratitudine.

Riconoscere la cittadinanza come un diritto piuttosto che come un dono ricevuto è una questione di dignità. Per chi la ottiene, ma anche per l’Italia stessa. Un Paese che dovrebbe riconoscere il valore di chi sceglie di diventarne parte, che dovrebbe premiare l’impegno e la perseveranza, che dovrebbe saper trasformare i “nuovi italiani” in una risorsa.

La prossima volta che sentite dire “ti hanno dato la cittadinanza”, ricordate: nessuno l’ha data. È stata guadagnata, meritata, conquistata. Con il tempo, con i sacrifici, con la determinazione. Ed è giusto che sia così riconosciuta.

La cittadinanza non trasforma qualcuno in italiano, riconosce che lo è già diventato. Non è una concessione graziosa dello Stato, ma l’accettazione di una realtà che esisteva già da tempo.