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Un momento imbarazzante è una rubrica a fumetti di Cristina Portolano. La rubrica pubblica ogni mese un momento imbarazzante raccontato dalle lettrici e dai lettori della rivista Internazionale Kids. C’è chi si è ritrovato con la faccia nella neve, chi una pentola di spaghetti al pomodoro in testa, chi si è impigliato nel tapis roulant di una giostra, restando in mutande.

Ogni mese la redazione riceve per email decine di momenti imbarazzanti e ne sceglie uno. Nel corso dell’anno appena concluso è stato scelto anche uno nostro! L’autrice del racconto è Oleksandra, una ragazzina ucraina di 11 anni che ha partecipato ai laboratori di facilitazione linguistica “Senza Frontiere” organizzati dalla cooperativa in una delle tante scuole primarie di Rho che aderiscono al progetto. Nostro non è un aggettivo usato a caso.

Il racconto è stato il frutto di un percorso di lingua italiana che ha visto impegnate due studentesse di una classe V e una delle facilitatrici del progetto. Le due ragazzine – entrambe neoarrivate in Italia da Perù e Ucraina – hanno accolto con entusiasmo l’idea di raccontare un momento causa di particolare imbarazzo, forse anche perché attratte dalla possibilità di un breve momento di celebrità. Gli aneddoti si sono susseguiti uno dopo l’altro e ci hanno catapultato in scuole ucraine, palestre peruviane, strade, autobus e cucine.

Il laboratorio linguistico Senza Frontiere non è un appuntamento settimanale utile a rafforzare e acquisire competenze in lingua italiana ma – spesso – anche di auto-narrazione in cui lingua madre e lingua seconda collaborano per raccontare di sé.

L’attività è stata svolta proprio con la finalità di comporre un piccolo elaborato finale in cui potessero trovare forma le competenze acquisite dalle due studentesse: parlare delle proprie emozioni, raccontare fatti relativi al passato e provare a esprimere il contenuto con toni umoristici. Il compito non è stato affatto facile (provate a immaginare di fare lo stesso in spagnolo o in ucraino!). Dare un nome alla realtà e alla fantasia è uno degli obiettivi del laboratorio: dall’A0 all’A1, dall’A2 al B1 proviamo a creare unità didattiche – talvolta multilivello – che possano fornire le “parole per dirlo” a tuttə. Anche se a volte le parole mancano, bambini e adolescenti hanno molto da raccontare: emozioni provate per la prima volta, paure, successi, sconfitte, amicizie, passioni, primi amori. Nelle persone con background migratorio spesso questi racconti sono raddoppiati perché le sfide, le paure, i successi, le passioni in un Paese e in una lingua non nativi possono essere diverse da quelle provate nel contesto d’origine.

Innanzitutto, abbiamo previsto il ripasso del lessico riguardante emozioni e stati d’animo e l’uso dei tempi passati. La seconda parte dell’attività si è concentrata sullo storytelling circle, cioè la condivisione orale di una storia o di un ricordo in cui l’emozione del momento è protagonista. Nella terza parte ci siamo impegnate nella scrittura. In questa fase le studentesse hanno avuto modo di “isolare” il ricordo sulla pagina bianca, di prenderne coscienza e distanza, di rileggerlo e di condividerlo con più consapevolezza. Lo storytelling autobiografico è, infatti, un potente strumento didattico e di formazione perché abitua a ricordare, consente di superare la paura di confrontarsi con le proprie esperienze e di condividere con le compagne e i compagni il proprio vissuto e le proprie emozioni. È anche una tecnica che insegna a organizzare il proprio pensiero in modo coerente, dando chiarezza alle proprie emozioni e ai propri vissuti, attraverso il testo scritto – e quindi sviluppando la competenza di scrittura.

Ogni narrazione ha il suo uditore o lettore e permette l’incontro tra il narratore e il suo pubblico. In questo incontro, ascolto reciproco e negoziazione di significati permettono a chi è coinvolto di affermare e ridefinire la propria identità. Parlando della propria esperienza imbarazzante, Valeria e Oleksandra hanno rievocato luoghi, lingue, azioni, persone, sentimenti, emozioni, sviluppando conoscenza di sé e maturando le proprie capacità di relazione, interazione ed espressione orale e scritta. L’uso della lingua italiana – una lingua adottiva per loro – ha dato l’occasione di distaccarsi da ciò che stavano raccontando, perché l’uso di una lingua diversa da quella madre richiede maggiore riflessione ma anche permette maggiore libertà espressiva. Attraverso la narrazione di un momento imbarazzante Valeria e Oleksandra non hanno solo svolto un impegnativo esercizio linguistico ma hanno acquisito consapevolezza del loro prezioso bagaglio di esperienze e del loro zaino ricco di strumenti linguistici, sia nella loro lingua madre che nella lingua italiana!

Francesca Buzzi