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Febbraio 2023. Entra nel progetto SAI Rho Famiglie, Regine (il nome è di fantasia).

Arriva con sua figlia. Arriva con il suo carico di storia che affonda le radici in un piccolo paese del Camerun. È fuggita da lì, è andata via portandosi con sé la figlia.

Arriva nel progetto corazzata fino ai denti, pronta a difendersi da un mondo che non le ha riservato troppa gentilezza. Si porta dietro la sua bellissima bambina, come dicevo, ed insieme a lei anche tanti problemi e fragilità. Inizialmente, come penso sia comprensibile in uno stadio iniziale di assestamento, si muove cauta, non concedendo facilmente la sua fiducia a noi operatori che la seguivamo. E fin da subito sembra avere ben chiari i suoi obiettivi, come chiari si palesano le sue radici, il suo coraggio, la sua dignità.

Ha ben chiaro il suo essere madre e lo dimostra con quella costante cura, giorno dopo giorno, dei suoi affetti, della sua famiglia e della casa in cui vive.

Attraverso il nostro lavoro continuo e delicato, attraverso la sua voglia di ricominciare ed il suo carattere tanto duro all’esterno quanto dolce internamente, abbiamo iniziato a creare un percorso di fiducia e di dialogo. Il suo impegno è stato assiduo, non ha smesso una volta di dedicare le sue forze al raggiungimento dei suoi obiettivi, nella continua speranza di dedicare a lei e a sua figlia una vita migliore di quella dalla quale fuggivano. In tutti quei giorni spesi a studiare e a frequentare il CPIA di Rho ha potuto completare con successo il lungo e faticoso percorso verso il raggiungimento della qualifica della Terza Media.

Il giorno del suo esame noi operatori eravamo lì ad assistere al suo più grande successo: siamo rimasti fuori dalla stanza, attendendo che terminasse l’esame orale. Eravamo emozionati per lei, io ero agitata e allo stesso tempo così tanto orgogliosa. Ricordo come fosse ieri quell’ emozione, gioia per una persona che fin dal primo giorno aveva quel sogno da portare a termine e che poi alla fine si era realizzato.

L’emozione di quel giorno, riflettendoci poi nel tempo a venire, di certo è derivata anche dal fatto che il suo percorso in accoglienza – come quello di molti e molte altre – non è stato mai una “passeggiata”; non ci sono state cose “scontate” e “semplici”, ma al contrario molti momenti difficili, momenti nei quali come operatrice mi sono sentita spesso in bilico sopra una linea sottile e delicata in cui si rischia tanto: da una parte di cadere nella fredda distanza tra me operatrice che svolgo il mio lavoro quotidiano e la beneficiaria che resta solo una tra tante, dall’ altro lato il rischio di un coinvolgimento molto intenso per quelle vite che di certo non passano inosservate.

Non c’è una cosa giusta, non c’è mai un metodo esatto. Certo abbiamo delle linee guida, ma poi ci siamo noi, ci sono le persone, c’è la vita che pulsa, c’è la nostra e la loro coscienza; emozioni, incomprensioni, dolori e traumi che strabordano all’improvviso. C’è quel filo sottile che si chiama fiducia, che nasce con tanto sacrificio e che in un attimo si può spezzare.

C’è una bambina con gli occhi luminosi che si meriterebbe un futuro bellissimo e quella che mi verrebbe da chiamare “donna dignità”, che con grande dignità e rispetto ha dato un’altra occasione alla vita e a noi, per farsi aiutare, affidandosi e lottando in prima persona fino a raggiungere tante soddisfazioni cruciali per la sua vita: Soddisfazioni che fino a prima di quel febbraio 2023 forse nemmeno vedeva più possibili.

Sii orgogliosa Regine!

 Debora Campanile