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massimominelli gruppo 300Alcune volte mi interrogo con timore rispetto al futuro che ci attende. Questa volta sono due episodi, che mi sono capitati recentemente, a farmi riflettere.

Il primo nasce dalla bella occasione di rincontrare Padre Daniele Moschetti, che conosco da tanti anni e che ora svolge la sua missione nel Sud-Sudan. La sua storia é una delle tante che sentiamo dai missionari: un Paese povero, da sempre in conflitto con qualcuno, nemico interno o esterno. Storia di una colonizzazione mai finita, di grandi interessi da parte delle grandi potenze europee, asiatiche e americane coinvolte nella vendita di armi e, sempre più nell’ultimo decennio, per il possesso delle energie di cui il sottosuolo é ricco. Armi ed interessi che determinano ancora guerre, morti, migrazioni di massa. Mi colpisce in particolare molto l’intreccio tra il petrolio della regione e la multinazionale che lo estrae, la stessa che finanza a suon di milioni di dollari il marchio vincitrice della Formula 1, che, come noto, riscuote grandissimo audience in tutto il mondo, muovendo un grande business per l’accaparramento dei diritti televisivi.

Il secondo episodio parte dalla faticosa quanto preziosa esperienza dell’accoglienza diffusa su cui stiamo investendo come cooperativa Intrecci. Una persona cara che conosco sulla quale ripongo grande stima e rispetto mi ha fermato per strada e, senza troppi giri di parole, mi ha detto che un conto é rispondere alla solidarietà un conto é ospitare in un appartamento di un condominio dei rifugiati, specialmente se musulmani. A nulla sono valse i miei tentativi di spiegare il significato di questo gesto, il senso di una scelta di carità fatta dalla Diocesi, il richiamo alle parole del Papa. Pur con educazione e premettendo sempre la propria adesione alla Chiesa Cattolica ha continuato a  manifestare il suo dissenso e contrarietà, richiamando a sua testimonianza la televisione e gli atti di terrorismo.

Ma cos’hanno di comune questi episodi?

Teoricamente tutto. Le migrazioni sono per lo più determinate da cause di invivibilitá nel Paese di provenienza e queste spesso di determinano perché ci sono interessi di altri da soddisfare. I nostri interessi di Paesi Sviluppati, che hanno la necessità di sfruttare le immense risorse che si trovano in Africa, depauperando terreni e popolazioni e finendo per determinare lo spostamento di quest’ultime proprio verso le nostre coste.

Nella pratica però questa verità solare non é ancora patrimonio collettivo, favorita anche dal fatto che non vi é un interesse dei potentati economici, che detengono o orientamento sempre più la comunicazione, a far circolare queste notizie, favorendo l’insorgere di uno spirito critico in tal senso. Sarebbe possibile immaginare Padre Daniele che, a commento della gara di Formula 1, racconta a centinaia di milioni di telespettatori nel mondo come si comporta in Sud-Sudan lo sponsor della macchina più veloce?

Ma allora, di fronte a questo ingarbugliarsi di situazioni, cosa siamo chiamati a fare?

Fino qui le cose dette sono state tutto sommato semplici, perché hanno richiamato alcune verità di cui si dice e scrive almeno dagli anni ’70. Ora però le cose mi sembrano che stiano radicalmente cambiando, perché il concetto dell’interdipendenza non resta qualcosa di astratto e vuoto ma finisce per essere patrimonio diffuso anche in Occidente. Le forti migrazioni degli ultimi anni, a cui difficilmente troveremo soluzione se non in un contesto di giustizia e democrazia economica globale, e gli episodi di terrorismo sempre più ricorrenti anche in Europa, ci toccano da vicino. Se vogliamo ancora sperare in un futuro sereno dobbiamo porci tutti quanti questi interrogativi ed essere capaci di assumerci delle responsabilità.

Ma da dove iniziare?

Dobbiamo essere franchi: non può essere la politica a trovare in questa fase una soluzione perché le nostre comunità non sono preparate a riconoscere che le migrazioni hanno nello squilibrio economico globale la sua principale causa ma restano prigionieri della paura del diverso e di fronte al terrorismo sentono solo l’esigenza di una risposta securitaria. Se usiamo la ragione sappiamo, però, che la via maestra risiede non nell’innalzare i muri ma nell’investire sempre più nella conoscenza dei fenomeni globali e nello sviluppo di relazioni pacifiche e giuste tra le persone e tra i popoli. Nell’impossibilità della politica di assumersi questo ruolo, perché carente di consenso, questo compito, che é prevalentemente culturale, in questa fase storica, lo devono assumere per prime le formazioni sociali e religiose delle nostre comunità.

Non so quanto ne sia consapevole ma questo é il ruolo che spetta al Terzo Settore e alla Chiesa. Fortunatamente, a partire dal grande magistero di Papa Francesco, alcuni segnali incoraggianti iniziano a vedersi.

Se questo é vero, anche noi come cooperativa Intrecci, che già ci occupiamo dell’accoglienza dei migranti, saremo chiamati a declinare ancora di più il nostro intervento in chiave culturale. Così come, prendendo spunto dai tanti interventi e scritti del Papa, saremo chiamati a partecipare insieme alla Caritas ed in generale alla Chiesa ad interrogarci quotidianamente su quali investimenti fare per aumentare lo spirito critico di cittadini e fedeli in chiave etica globale. Un compito che, come la storia di questi giorni ci insegna, porterà fatica, incomprensioni e tensioni, perché si tratterà di sfidare un clima generale per niente favorevole.

Massimo Minelli