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La giornata mondiale del rifugiato a Villa Burba è stata senza dubbio ricca di stimoli e spunti di riflessioni intorno ad un focus caldo ed attuale: la casa e l’abitare, un’emergenza abitativa sempre più oggettiva e che trasversalmente coinvolge i nostri beneficiari di progetto ma anche, più in generale, i cittadini del territorio.

Durante l’evento sono state sollevate questioni cruciali, coadiuvate dal brillante contributo di “Codici” (cooperativa sociale attiva sul territorio milanese), legate principalmente alla mancanza di case disponibili ed al sempre più crescente guadagno che i proprietari ricavano, con affitti a breve termine sui loro immobili, riducendo così la prospettiva di una locazione più durevole o di una compravendita.

Obiettivo principale della giornata: coinvolgere il personale dell’aerea rifugiati in un serio confronto sulla questione, con la volontà di apportare spunti e riflessioni, idee e suggerimenti, da presentare infine ai decisori locali nella speranza che il loro potere attuativo possa sciogliere man mano questa ingolfata situazione abitativa territoriale.

Ma cosa significa sostenere dei progetti abitativi? Significa aiutare le persone ad avere accesso ad una casa dignitosa e sicura, indipendentemente dallo status sociale o migratorio. La casa rappresenta un luogo di protezione, di appartenenza. È un ambiente in cui le persone possono sviluppare un senso di identità e comunità. La casa è il luogo in cui si costruiscono le relazioni.

Questo è quanto emerso soprattutto dal lavoro comune svolto nell’arco della mattinata, durante il quale abbiamo avuto modo di conoscerci maggiormente tra noi e condividere alcune tematiche legate al concetto di casa e di abitare, cercando di rispondere a domande come: “qual è la casa in cui vorresti tornare?”, “Quale sarebbe il primo oggetto che porteresti via dalla tua casa se dovessi lasciarla improvvisamente?”, “Cosa fai appena entri a casa tua?”.

Sono emerse tematiche comuni e profonde, che ci hanno permesso di ampliare maggiormente il nostro raggio d’azione e la nostra visione personale e lavorativa sulla questione abitativa. Notevole il fil rouge comune riguardo legami con persone a noi care, ricordi di luoghi d’infanzia, ritualizzare l’ambiente domestico con gesti quotidiani, casa come luogo di cura, fare “casa” attraverso gli oggetti legati alla nostra cultura ed al nostro vissuto personale.

Al termine della mattinata è stato proiettato un interessante documentario “Reznica – storie di migrazione e sradicamento” girato tra Serbia e Croazia con protagonisti alcuni migranti di guerra, persone che negli anni ’90 avevano aderito a politiche statali di resettlement e che si sono trovate poi a vivere in campi rifugiati per più di trent’anni. Progetto che ha portato successivamente alla pubblicazione del libro “Reznica” traduzione in serbo-croato di “Talea”, malinconico e ben azzeccato collegamento con la botanica e con il concetto di radicamento e di casa.

Nel pomeriggio, attraverso tavoli di confronto, “Codici” ci ha proposto un ulteriore lavoro di team building nel quale abbiamo affrontato quattro macro-temi: la reputazione legata all’individuo ma anche all’ente o alla cooperativa di provenienza, quale offerta abitativa presente sul territorio, l’accompagnamento alla transizione da un luogo ad un altro (da un progetto ad un’abitazione privata) ed infinte integrazione e cooperazione.

Le conclusioni riassunte ed estrapolate da questo pomeriggio di dibattito e condivisione sono altamente rappresentative della qualità del lavoro che gli operatori e le operatrici svolgono quotidianamente con impegno e passione. Interessante l’idea di un monitoraggio delle aspettative del beneficiario, dal suo ingresso all’uscita, in un’ottica di accompagnamento mirato e tarato su ognuno di loro in rete con gli enti territoriali, che vada ben oltre il classico “progetto formativo, e percorso individuale” che vale in generale per tutti e tutte. Mai come oggi è importante incrementare un lavoro diretto all’autostima (fiducia nelle proprie risorse e fiducia condivisa) che possa riguardare il beneficiario e l’operatore stesso. Aumentare i già forti, ma probabilmente ristretti, rapporti tra il progetto o i servizi ed il territorio magari, con un crescente utilizzo dei social media che possa contribuire anche a mappare il territorio e a farci conoscere maggiormente sul territorio.

Nella speranza che queste giornate possano essere davvero delle giovani Talee e trovare radici in ambienti che, con più facoltà di noi, abbiano il coraggio e la costanza di farle germogliare.

 Debora Campanile