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Cinque incontri della durata di due ore ciascuno, per permettere agli ospiti di esprimere parti si se stessi, tramite la forma del linguaggio artistico e delle lavorazioni manuali.

Cinque incontri per raccontarsi in un contesto informale, protetto e di reciproca cura.

Questo percorso di arteterapia rivolto ai beneficiari del progetto SAI (Servizio accoglienza e integrazione) di Caronno Pertusella nei mesi estivi ha fornito all’equipe di lavoro osservazioni utili per i successivi percorsi terapeutici ed educativi nei confronti degli stessi partecipanti.

L’intervento proposto e attuato dalla dottoressa Chiara Spacone (arteterapeuta a indirizzo psicodinamico) è servito come attivatore di quei nuclei creativi e di quelle risorse vitali interne ad ognuno di noi. Seguendo le linee guida sul trauma, la proposta è stata pensata proprio per risvegliare e rafforzare queste risorse interne, con l’obiettivo (si è visto poi al termine, piacevolmente raggiunto, seppur in questi pochi incontri) di alleviare le tensioni e abbassare lo stato di allerta che segue tutti noi e soprattutto individui migranti, con un notevole e difficile bagaglio di esperienze negative alle spalle.

È stato proposta ai beneficiari una presentazione libera e condivisa di se stessi, portando nelle reciproche mani i personali ricordi e desideri (ricordiamoci che questi lavori sono sempre pensati per migliorare anche l’utilizzo della lingua italiana). È stato un momento molto spontaneo di ascolto e rispetto condiviso, caratterizzato da una profonda attenzione sulle posizioni e sulle parole altrui.

Dunque da questi racconti si é passati all’atto pratico e artistico, cercando di riprodurre in immagine ciò che avevano espresso tramite pennarelli, carta e cartoncini colorati.

In uno di questi meravigliosi incontri, successivamente, oltre all’utilizzo di materiali basici descritti in precedenza, è stata presentata, spiegata e lavorata anche l’argilla che ha permesso ai partecipanti di vivere un’esperienza, forse ancora più profonda ed immersiva, dato che il lavoro è stato svolto ad occhi chiusi.

Le forme finali avevano tutte un significato personale inerente ai pensieri, all’immaginario ed al vissuto: una tazza per il “chai” siriano del mattino, un vaso per la frutta, una fontana.

In conclusione non è mancato un momento di osservazione collettiva delle opere, un piccolo buffet ed uno scambio di regali, ed un ultimo saluto ricco di felicità e gratitudine.

Debora Campanile

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