Il 20 gennaio, presso l’auditorium di Via Meda 20 a Rho si è svolta la “Giornata della Pace”, organizzata dal Comune di Rho, dall’associazione Multiculturale Oasi, e dalla la Pastorale Migranti della Zona Pastorale IV.
La parola filo conduttore scelta per la serata è stata “accoglienza”. Questo perché, secondo l’idea comune delle persone che hanno pensato e organizzato l’evento, la parola accoglienza ben sostiene l’idea di pace. Una scritta, sospesa al centro del palco titola per l’appunto “Senza accoglienza, non può esserci pace”, a sottolineare il legame imprescindibile che queste due parole hanno tra loro. Accoglienza intesa come ascolto attento e rispetto alle persone che ci circondano.
Gli interventi della serata vertono proprio sul significato esperienziale che l’accoglienza ha portato, e porta tutt’oggi nelle vite professionali e non solo, dei relatori.
La serata si apre con la testimonianza di una coppia di coniugi che diciassette anni fa ha adottato tre bambini. A prendere la parola sono Stefano e Barbara. Emerge fin da subito che il loro desiderio di prendersi cura l’uno dell’altro li ha portati nel tempo a vivere a pieno il significato della parola accoglienza; fino al punto di aprirsi a tre bambini i quali hanno donato loro la possibilità di ascoltare i propri bisogni. Ascoltare, e soprattutto imparare ad ascoltare, è dunque fondamentale se si vuole capire chi ci circonda e vivere così una vita predisposta ad uno sguardo attento verso gli altri anziché rivolto esclusivamente a noi stessi.
Prendono di seguito la parola due portavoce della Comunità e Famiglia “Il Ciliegio” della Cascina Poglianasca di Arluno, al confine con il territorio del rhodense. “Il Ciliegio” è attualmente composta da sei nuclei famigliari. Valerio e Davide pongono l’accento su come la vita comunitaria tra diversi nuclei famigliari possa metterli in discussione giorno per giorno: come accogliere il diverso da noi? Accogliere può anche quindi significare avere a che fare con storie e stili di vita lontani da noi. Il focus va in particolare al concetto di accoglienza reciproca. Non si può accogliere senza sentirsi accolti dall’altro. La volontà reciproca di comprendersi è dunque alla base per vivere una vita dedicata all’attenzione per le persone che ci circondano. La società in cui viviamo ci sottopone inoltre a sfide che ci portano a porre uno sguardo non solo verso le persone che abitano con noi, ma anche verso quelle più distanti. Persone con le quali non condividiamo o costruiamo necessariamente legami affettivi, ma che devono avere ai nostri occhi altrettanta attenzione.
Prendono poi la parola alcuni coordinatori della cooperativa Intrecci che si occupano di diversi servizi. L’intervento di Angelo, responsabile per il servizio “Sottocoperta” sposta l’attenzione su coloro i quali tendono a essere dimenticati da una società ormai troppo veloce e distratta per occuparsi di loro. Persone che per le più svariate ragioni si ritrovano in situazioni di indigenza ed estrema povertà. “Sottocoperta” eroga, in co-progettazione con il Comune di Rho, Briciole di pane della Caritas cittadina e la Caritas Amborsiana, una serie di servizi rivolti alle persone in grave stato di povertà ed emarginazione sociale. Nello specifico si ricordano la Mensa Caritas Don Giancarlo Citterio, il dormitorio Casa Itaca, e l’ambulatorio Oltre il Diritto rivolto alle persone che non possono accedere al Servizio Sanitario Nazionale se non attraverso il Pronto Soccorso. Si ricordano poi i servizi Segreteria Grave Emarginazione e Doccia Amica. L’accoglienza può e deve quindi passare anche attraverso atti concreti verso gli altri, con lo scopo di supportare chi ne ha bisogno. Anche in questo caso emerge chiaramente che non è possibile accogliere in senso unidirezionale, senza cioè la partecipazione attiva anche da parte di chi l’aiuto lo sta ricevendo, perché accogliere significa costruire insieme un percorso comune.
Si unisce a queste parole Danilo, coordinatore di “Casa Simona”, comunità sociosanitaria di Rho dedicata a persone con disabilità. L’esperienza di Danilo ci porta ad avvicinarci alla realtà di persone che hanno necessità di creare relazioni costanti nel tempo per poter consolidare la loro autonomia. Sostenere i loro bisogni è l’obiettivo principale degli operatori coinvolti nel servizio. E’ importante sottolineare, secondo Danilo, come la presenza degli altri sia fondamentale per costruire un mondo attento agli altri. Ed è un mondo basato sul reciproco ascolto. “Mai senza l’altro” è un pensiero a lui caro, proprio perché rimarca l’importanza della ricchezza che si può trarre dall’incontro. Fare in modo che le persone possano autodeterminarsi è il fine più alto che tutti noi possiamo darci per vivere davvero in una società che possa definirsi libera.
Anche Elia, coordinatore della Comunità psichiatrica Alda Merini di Appiano Gentile porta il suo contributo introducendo un punto di vista che guarda all’individuo come un soggetto capace di crearsi uno spazio interiore libero dai pesi che possono impedirci di essere inclusivi con gli altri. L’intento è proprio quello di agevolare i processi di inclusione tra le persone. Gli ospiti della comunità sono così supportati dagli operatori in percorsi prima individualizzati, e in seguito di gruppo, per rinforzare quelle dinamiche comportamentali basate sulla cooperazione con gli altri. E’ importante in questo senso sottolineare le potenzialità del singolo individuo che se messe al servizio della comunità, intesa come società tutta, possono portare allo sviluppo di una rete solidale basata sull’ascolto e l’aiuto reciproco. Viene così rimarcata la correlazione indissolubile tra le parole accoglienza e pace.
Nel proseguo della serata viene infine riportata al pubblico l’esperienza di Simona e Clio. Lavorano entrambe nei centri SAI, Sistema Accoglienza e Integrazione. Si tratta di luoghi dedicati all’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Persone che dunque arrivano da realtà sociali molto distanti dalle nostre, sia in termini geografici che culturali. Si tratta di individui che fuggono da luoghi di povertà estreme, a volte anche colpiti dalla piaga della guerra. Incontrare il diverso da noi e accoglierlo non è sempre facile, sottolinea Simona, responsabile del SAI di Rho. Alcune persone possono essere infatti portatrici di sofferenza. Accogliere è un lavoro lento, non privo di ostacoli legati alle incomprensioni che le differenze culturali possono creare. Col tempo però queste difficoltà possono essere colmate con la volontà reciproca di lavorare insieme per migliorare ognuno la propria condizione di vita. Le parole accoglienza e pace possono quindi essere considerate alla base del futuro di queste persone.
Clio che si occupa di minori stranieri non accompagnati presso la comunità “Casa Elim”, il centro SAI di Canegrate. Aggiunge che l’inziale spaesamento territoriale e culturale degli adolescenti può a volte portarli ad essere diffidenti nei confronti degli operatori, ed è quindi grazie alla costruzione di un rapporto di fiducia basato sulla condivisione di un percorso comune che si può mirare all’integrazione.
A margine dell’incontro ha preso la parola una rappresentante del Centro Culturale Islamico di Rho per dare l’opportunità al pubblico in sala di conoscere una realtà presente sul Comune che si occupa, in collaborazione con l’associazione Nabad, di dialogo inter-religioso e promuove la creazione di spazi di aggregazione aperti alla cittadinanza per favorire la conoscenza reciproca.
La manifestazione prosegue infine con la “Fiaccolata per la Pace”, un momento importante di unione per accendere una riflessione su cosa significhi oggi la parola guerra, parola alla quale non vogliamo e non possiamo aprire le nostre braccia e i nostri pensieri, se davvero vogliamo costruire, tutti insieme, un mondo di pace.
Un mondo fondato sull’accoglienza.
Andrea Bianchi