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A Marzo del 2021 abbiamo iniziato un nuovo progetto, una nuova avventura per tutti noi, essendo nata davvero dall’idea di creare un servizio che fosse necessario e con cui mai ci eravamo confrontati. Grazie alla disponibilità delle parrocchie di Saronno SS. Pietro e Paolo, Castellanza S. Giulio e Varese S. Massimiliano Kolbe è così partita la seconda accoglienza.

Non nego che sia partita in salita. Prendere dei ragazzi che fino al giorno precedente erano accolti in progetti strutturati e dirgli “ecco, questo è l’ultimo miglio, io ci sono, ma chi deve correre sei tu” non è stato semplice. Chiedere ai volontari di cambiare il loro modo di approccio nei confronti dei beneficiari ed esserci ancora, si, ma in modo più silenzioso…beh, non è stato facile.

Fatto sta che siamo partiti con qualche domanda, ma con tanta voglia di fare.

A Maggio la Parrocchia di Varese ha aperto le porte ad Eric, Aboubakar e Daouda.

Oggi, 4 mesi dopo, salutiamo Aboubakar che è pronto per camminare con le sue gambe.

Cosa è successo in questi quattro mesi? Come mai le nostre paure iniziali oggi ci sembrano così sciocche?
Sono successe tante cose; ci sono tanti attori in questa storia, ci sono fortune, eventi, capacità di cogliere le possibilità quando arrivano, ma ci sono anche domande, paure, frustrazioni. Un bel mix di emozioni che ci ha portato fino qui.

Aboubakar è stato ospite del SAI (Servizio di accoglienza e integrazione) di Varese e al momento della sua uscita non aveva trovato un posto dove stare, così ai colleghi che lo seguivano è venuto in mente che avrebbe potuto essere un buon candidato per il progetto di seconda accoglienza. Abbiamo fatto un colloquio e Aboubakar mi è sembrato un ragazzo timido, riservato, con la testa sulle spalle e un po’ diffidente. Tutte caratteristiche che, con il tempo, l’avrebbero però aiutato a mettere in piedi, mattone dopo mattone, la sua autonomia.

Aboubakar ha un lavoro, lo aveva anche prima di entrare a far parte del progetto di seconda accoglienza. Il suo lavoro gli piace, ma come tutti ha un problema di continuità. Non riesce ad ottenere un’occupazione a tempo indeterminato, fattore essenziale per chi cerca una casa in affitto.

Passa qualche mese e, poco prima delle ferie estive, ricevo una telefonata da una collega. Mi dice che il datore di lavoro di Aboubakar forse gli ha trovato una casa in condivisione con un altro ragazzo che lavora per lui.

Avendo conosciuto un po’ Aboubakar ero certa che avrebbe fatto mille domande, che si sarebbe fatto prendere dai dubbi sull’accettare o meno quella proposta, ma nessuno di noi avrebbe potuto scegliere per lui (non io, o l’operatore del progetto, o i volontari, e nemmeno il suo amico con cui avrebbe condiviso la casa).

Questo è stato quello che ci siamo detti quel giorno: nessuno può decidere quale sia la soluzione migliore per te, se non tu.

E Aboubakar su quella frase ci ha riflettuto molto. Ci siamo detti che, una volta tornata dalle ferie, mi avrebbe dato una risposta.

Oggi Aboubakar vive da solo o, meglio, in condivisione con il suo amico e ha un regolare contratto di affitto per un anno. Il suo lavoro ancora non è stabile come vorrebbe, ma si sta abituando all’idea che il futuro gli riserverà belle sorprese se saprà accogliere il cambiamento come una opportunità.

Cosa possiamo augurarci in fondo se non che questo possa essere il lieto fine per ciascuno dei ragazzi che accogliamo?

Federica Di Donato

Info: f.didonato@coopintrecci.it