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(pop. costudire) v. tr. [dal lat. custodire, der. di custos –odis «custode»] (io custodiscotu custodisci, ecc.). – 1. a. Fare oggetto di responsabile vigilanza, sorvegliare, sia un luogo: cla casami ha custodito l’appartamento durante la mia assenza; sia una persona: c. un malato di mente (perché non faccia danno a sé o ad altri) b. Di persone o animali, averne cura, assisterli provvedendo alle loro necessità: ci bambinicun malato; con riferimento alla salute e all’educazione: i figli bisogna custodirli benec. Preservare da pericoli: cla propria salutela propria innocenzacgli occhii sensi 

Quella riportata è la definizione del verbo “custodire” che si trova sul dizionario Treccani. A noi di Intrecci questa parola evoca il lavoro prezioso di alcuni colleghi che con attenzione ogni notte abitano le nostre strutture al fianco e a “custodia” delle persone che ospitiamo. La presentazione della nostra cooperativa agli enti che intendono affidarci la gestione di una struttura di accoglienza è spesso ben argomentata con la garanzia della custodia notturna, proposta stabile che Intrecci mette in campo. Il custode è una figura che trascorre la notte all’interno della struttura di accoglienza, presidiando, vigilando, osservando, intervenendo quando è necessario. Le progettazioni comprendono la costruzione di équipe che prevedono che i custodi siano parte integrante del gruppo di lavoro.

Come si svolge l’intervento dei custodi? Nella quotidianità il custode raggiunge la struttura nel tardo pomeriggio e inizia l’accoglienza degli ospiti. Alcuni passaggi sono adempimenti ben definiti: firme sul foglio di presenza, preparazione dei kit per la notte, magari qualche raccomandazione… E poi tutto l’extra.

L’extra dell’attività del custode è il cuore delle serate e delle notti nei dormitori. A lui il compito di accogliere e poi di ricevere eventuali telefonate degli ospiti che ritardano, di qualcuno che non riesce a rientrare o di chi al rientro vuole raccontare con urgenza un fatto accaduto in giornata. L’attività del custode diventa accoglienza, ascolto: è spesso il tramite più prossimo in alcune serate in cui rientrare non è facile. Le nostre strutture non sono tutte comunità: spesso sono l’unione di persone che si sono interrotte per varie ragioni e il primo passo della loro ricomposizione è lo stop in una struttura a bassa soglia, come un dormitorio appunto. Il percorso è individuale, è di ogni persona, il gruppo è un accessorio e non serve investire su questa dimensione se non per mantenere rispetto degli spazi e delle altre persone, ed è nell’unicità del progetto di ciascuno che cogliere le sfumature al rientro, le fatiche, lo sguardo un po’ stralunato, il passo incerto di chi giura che non berrà più, diventa ricchezza nella relazione d’aiuto ed è quello che ogni nostro custode verifica, controlla con sguardo benevolo, chiedendo con discrezione agli ospiti cosa è successo, e magari proponendo all’equipe l’urgenza di un intervento di cura, di una sanzione finalizzata a bloccare la fatica di un comportamento difficile. E poi confrontandosi su eventuali ipotesi di dimissioni e di allontanamenti, perché può anche succedere di intervenire per smorzare tensioni o verificare alcune incomprensioni tra gli ospiti.

La raccomandazione evidente è quella di CUSTODIRE CON CURA, esserci in quel momento della giornata in cui tutti (o quasi) ci dedichiamo agli affetti più cari, alla nostra casa, al nostro relax. Il custode è un po’ come la gente della notte cantata tempo fa da Jovanotti: “la gente della notte fa lavori strani, certi cominciano oggi e finiscono domani”. E lì, a scavalco tra l’oggi e il domani, tra una chiacchiera, la ricerca di qualcosa che manca (cose piccole come lo shampoo per la doccia o la capsula per il caffè, o enormi come il calore di una famiglia) si vive la non-quotidianità (avviene di tardo pomeriggio) della nostra accoglienza e del lavoro dei nostri colleghi. Li vedi arrivare con puntualità, spesso con mezzi pubblici, con la determinazione costante di fare bene per il bene della struttura, di ciascun ospite, dei propri colleghi e delle proprie colleghe. Li ritrovi al mattino con l’elenco delle giuste informazioni da condividere, con il desiderio di risolvere alcune situazioni storte delle quali si parlerà nella prossima equipe, con intuizioni nuove su quello che sta succedendo a qualcuno che è rientrato un po’ “strano”.

Nel periodo invernale, con le aperture straordinarie del periodo freddo, cerchiamo sempre qualche nuovo custode, con una proposta lavorativa che sappiamo essere “non facile” nell’orario, nei luoghi da raggiungere, nella dimensione umana, nelle serate di festa sottratte ad altro. E poi li ritroviamo questi profili professionali, esito di un tam tam tra amici, di colleghi che sanno di una persona prossima alla pensione e disponibile, di un ex-ospite che è uscito tempo fa da uno dei nostri progetti ed è proprio adatto a questo ruolo, di un amico che sta cercando proprio un lavoro notturno.

È già mattino, ogni coordinatore avrà modo di sentire il custode delle strutture di cui si occupa, il resoconto sarà breve ma con le giuste annotazioni. Gli appuntamenti per i colloqui, gli incontri con i servizi, gli interventi di sostegno sono fissati; ogni custode si è premurato di lasciare un riassunto di quello che è successo durante la notte appena passata, ognuno ha svolto la propria funzione e tutto è andato bene.

Si chiude la struttura oppure qualcuna resta socchiusa per accogliere altre iniziative e progetti: la custodia è terminata anche oggi, e ognuno si è preso cura di chi ha incontrato.

“La gente della notte fa lavori strani…”

Grazie a tutti voi, colleghi della notte, e buon riposo. Sabrina Gaiera