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“Ciao Don! Grazie per aver accettato il nostro invito a questa chiacchierata”. Da qualche settimana, infatti, noi coordinatrici dei servizi dislocati sul territorio di Caronno Pertusella, avevamo proposto a Don Franco Santambrogio un incontro per confrontarci e “tirare un po’ le somme” su questi anni di collaborazione attiva tra Intrecci e la Parrocchia Santa Margherita. L’occasione, data anche dal possibile spostamento di Don Franco, dopo 9 anni, in un’altra Parrocchia della Diocesi ambrosiana.

Una collaborazione ventennale, partita prima che tutti noi fossimo qui e che ha visto innanzi tutto la nascita del servizio di accoglienza per persone rifugiate (oggi Sai) nel lontano 2001, poi del servizio di housing  sociale  nel 2010 – in collaborazione con la Fondazione San Carlo e la Caritas Ambrosiana – e infine del doposcuola per gli alunni delle scuole primarie nel 2017.

L’Amministrazione Comunale, che è parte attiva nei servizi di accoglienza (stranieri e housing sociale), insieme alla Parrocchia e alla cooperativa, è stata sicuramente “illuminata” quando ha identificato in questi progetti la risposta a bisogni che sempre più stavano emergendo, cioè l’accoglienza di persone rifugiate e richiedenti asilo e il problema abitativo soprattutto per quella fascia di popolazione che non era più in grado, causa crisi economica, di pagare l’affitto o il mutuo, ma non aveva diritto alla richiesta di casa in edilizia pubblica. La Parrocchia ha quindi messo a disposizione immobili e strutture per l’accoglienza e, attraverso la Caritas cittadina e l’associazione parrocchiale E. Peri, ha costruito percorsi di collaborazione e sostegno attraverso i propri volontari, sia per i nuclei accolti sia creando nuovi servizi rispondenti al bisogno del territorio: il doposcuola per aiutare i più piccoli e la scuola di italiano per stranieri.

Abbiamo quindi chiesto a don Franco una sua personale lettura del contesto in cui ci troviamo e se secondo lui i servizi attivati rispondano effettivamente ai bisogni delle persone che si sono trovate in una situazione di difficoltà e che, per tanti motivi diversi, non riescono a “tenere il passo” in questa società sempre più frenetica e performativa. Il periodo Covid e il conseguente lockdown hanno evidenziato ancor di più il malessere e le fragilità, acuendo il divario sociale.

Il coinvolgimento della comunità, soprattutto parrocchiale – ci dice don Franco – è fondamentale per intercettare i bisogni e attivare e far vivere i servizi che le Amministrazioni e il terzo settore possono mettere in campo. La sinergia con il territorio e con chi vi abita deve essere il centro del lavoro sociale professionale.

Il coinvolgimento dei volontari è importantissimo. Molto di quello che viene realizzato si basa sulla loro disponibilità personale e sulla generosità ma talvolta emerge il timore di essere coinvolti. Perché? Ragioniamo tutti insieme: per sviluppare progetti e servizi è necessario costruire e sedimentare relazioni personali, esperire la prossimità, vivere la comunità nella sua interezza partecipando attivamente. L’incontro, partendo dalla conoscenza reciproca, è il nodo. L’apertura agli altri, la contaminazione, la voglia di fare insieme sono il motore.

In che modo è possibile integrare le diverse realtà della comunità che hanno ruoli diversi? Partendo dal riconoscimento reciproco tra operatori e comunità: la comunità conosce e vive il territorio, è espressione dei legami e delle relazioni che si muovono su quel territorio, da cui spesso gli utenti dei servizi sono esclusi, cioè sono ai margini della comunità; gli operatori mettono in gioco la propria professionalità e il proprio sapere, necessari per supportare i volontari e fornire loro strumenti utili a comprendere e gestire le situazioni di malessere, spesso difficili da affrontare sia da un punto di vista pratico che emotivo. La prospettiva dovrebbe essere appunto quella dell’integrazione dei diversi ruoli, punti divista, competenze e risorse, di riconoscimento reciproco e voglia di fare insieme.

Negli ultimi anni, causa anche ma non solo la pandemia che ha costretto all’isolamento sociale, sono mancate le iniziative e momenti di socialità in cui sperimentare relazioni comunitarie, sia sul territorio che nei servizi, per esempio la partecipazione e organizzazione della tradizionale Festa dei Popoli”.

Prima di salutarci, chiediamo a don Franco quali sono, dal suo punto di vista, le prossime sfide da affrontare: “la preoccupazione maggiore è per i giovani e gli anziani. C’è bisogno di fare proposte per il tempo libero, coinvolgerli. Poi il bisogno di stabilità abitativa, che colpisce trasversalmente tutti.  Aprire gli spazi, non solo l’oratorio, creare socialità, coinvolgere, attivare, ritrovarsi.”

Ringraziamo Don Franco per la sua disponibilità e testimonianza, riconoscendo la collaborazione che ci lega da tanti anni come molto preziosa e fondamentale per continuare il nostro lavoro e la mission della cooperativa Intrecci.

Federica De Stefano, Chiara Tasinazzo, Barbara Casasola.

Per info: b.casasola@coopintrecci.it