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Il 18 Febbraio scorso presso L’OP Cafè di Via Meda a Rho è stato presentato il “World Anthropology day”, promosso ormai da diversi anni dal Dipartimento di Antropologia dell’Università Milano-Bicocca. Quest’anno la manifestazione ha visto anche la partecipazione dell’Università degli Studi di Torino… e di Intrecci.

L’intento dell’incontro, aperto a tutta la cittadinanza, si è concentrato nel far conoscere la figura dell’antropologo al di fuori dei contesti accademici.

Attraverso la promozione dei servizi e dei laboratori di comunità offerti dalla rete delle cooperative, promotori Ser.Co.P e Consorzio Cooperho, si è voluto rivolgere lo sguardo al ruolo che l’Antropologia può assumere in questi contesti.

Le operatrici del Sistema Accoglienza e Integrazione, e del Welfare di comunità #OltreiPerimetri, Veronica Biscella e Marica Venezia (entrambe laureate in Antropologia Culturale) hanno accompagnato i partecipanti attraverso i molteplici scenari di cui un antropologo si circonda per svolgere la propria professione.

Ma di cosa si occupa un antropologo?

Questa la domanda posta al pubblico per introdurre il tema della rassegna.

La voce diretta dei protagonisti, tramite una breve proiezione di video-interviste ha dato la possibilità alle persone presenti di poter apprezzare al meglio l’intenzione maestra che promuove lo sforzo dell’Antropologia. 

“Gli antropologi cercano di capire come facciamo tutti, diversamente, le stesse cose”

Questo uno dei tanti spunti che ben disegnano il pensiero di Antropologia.

Ciò sottolinea l’importanza dello studio dell’agire umano attraverso le relazioni che ognuno di noi costruisce nel corso della propria esistenza.

Esistere; ovvero farsi portatore della propria presenza e della propria identità. 

Da qui l’idea delle operatrici di dare voce anche ad alcune delle persone che negli anni hanno potuto partecipare ai vari Progetti sociali presenti all’ OP Cafè.

Sono le voci e i volti di persone diverse tra loro che si sono incontrate in questo luogo di comunità. Brasile, Siria, Mali, Ucraina sono solo alcuni dei Paesi di provenienza. Con brevi interventi ognuna di queste persone racconta un pezzetto della propria esistenza, della propria identità; costruita prima nel proprio Paese di origine, poi in Italia.

Emerge una parola. Incontro.

Ecco, forse, dove l’Antropologia orienta il suo interesse. Non sulla persona ma sulle persone e il loro interagire. Insieme.

Il Filo di Arianna, un progetto rivolto a donne straniere che vede al suo interno corsi di lingua italiana e laboratori di cucito, può rendere bene l’idea di tutto questo.

Le donne si incontrano e si scambiano. In uno spazio e in un tempo. La provenienza geografica e l’esperienza personale di ognuna ne definisce l’identità, ma nell’incontro nasce l’identità di gruppo.

Un esempio in cui la mera esigenza pragmatica di imparare una lingua straniera può essere supportata da un approccio antropologico, al fine di dare vita a una progettualità che ha come obiettivo l’interazione nonché l’integrazione.

La manifestazione stessa rappresenta un’opportunità di apprendimento, ma anche di incontro e socializzazione.

L’intervento della dottoranda Amarilli a conclusione del convegno ricorda l’intento del “World Anthropology Day” di rendere più visibile e di valorizzare la figura dell’antropologo. In particolar modo ricorda l’importanza dei progetti sociali che derivano dalla collaborazione con il Terzo Settore, e le Istituzioni locali.

La giornata si conclude con alcuni interventi da parte del pubblico che consolidano l’idea e l’importanza dello stare insieme. Per arricchire le nostre identità attraverso le relazioni con ciò e con chi è diverso da noi. Forse davvero per fare un po’ tutti, diversamente, le stesse cose.

Andrea Bianchi

Info: a.lattuca@coopintrecci.it