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Come operatori SAI, Sistema Accoglienza e Integrazione, capita spesso di interrogarci sul significato del nostro operato in relazione alle esperienze e alle speranze delle persone con le quali lavoriamo quotidianamente. Accoglienza è una parola importante dai molteplici significati e valori, non facile da spiegare e perimetrare persino per noi che ogni giorno ci confrontiamo con la sua splendida, se pur complessa, attuazione. Diversi sono i Paesi che possiamo imparare a conoscere indirettamente attraverso i racconti dei nostri ospiti. 

Gli spaccati di realtà che emergono dalle parole di chi intraprende un percorso di integrazione sociale in Italia sono diversi tra loro e sono carichi della peculiarità che solo ogni singolo individuo è capace di portare e riportare attraverso il vissuto delle proprie esperienze personali. Sono parole cariche di realtà lontane tra loro e appartenenti a storie distinte e distanti per cultura, religione e tessuti sociali. Esiste però un filo conduttore che lega questi spaccati: il desiderio tenace di poter migliorare la propria condizione umana. Da qui il nostro desiderio, come persone prima ancora che come “addetti ai lavori”, di provare a dare forma a ciò che questi spaccati possono rappresentare nel loro complesso. Tentativo fin troppo audace probabilmente, ma crediamo sia giusto provarci.

Ci siamo dunque chiesti cosa può essere fatto, nel nostro piccolo, per poter mantenere alta l’attenzione sulle parole di queste persone, sulle loro storie e su ciò che esse possono significare; come uno spunto di riflessione più ampio al fine di concederci e concedere ai lettori la possibilità di cogliere e accogliere spaccati di vita forse utili, per chi vorrà avvicinarsi, ad ampliare il nostro sguardo su ciò che ci circonda.

Abbiamo scelto una vita, o meglio un suo spaccato di vita, su tante a nostra disposizione perché la riteniamo esemplificativa, nella sua semplicità, per la sua perseveranza e attualità. 

E’ la storia di Karim, cittadino iraniano di etnia curda, cresciuto a Mahabad, una cittadina nel Nord-Est dell’Iran. Ha accettato di raccontarsi, se pur brevemente, e per questo lo ringraziamo.

Nelle ultime settimane il suo Paese, l’Iran, è al centro delle nostre cronache per le proteste della Società Civile contro quello che viene largamente ritenuto un regime politico anti-democratico. La storia di Karim comincia qualche anno fa quando, a causa del suo attivismo politico, viene discriminato e perseguitato per alcune sue pubblicazioni su una rivista locale di Mahabad.  Si definisce un “Poeta politico”. Ha promosso attraverso le sue poesie il valore dei Diritti umani in favore della libertà di espressione, e si è fatto sostenitore del miglioramento della condizione sociale delle donne in Iran.

Da diverse generazioni la sua famiglia si oppone pacificamente al potere politico dominante in Iran. Prima suo padre, e prima ancora suo nonno hanno fatto lo stesso. Karim si è laureato in Letteratura della lingua Persiana. Ha lavorato per quindici anni come impiegato presso il Comune della cittadina di Mahabad prima di essere convocato sempre più frequentemente dalle autorità locali, che mal sopportavano il suo operato nell’attivismo politico. Incarcerato per tre anni, è tornato in libertà, ma sentitosi sempre più in pericolo per la propria vita nel 2016 ha deciso a malincuore di abbandonare l’Iran, in accordo con la sua famiglia. Karim ha una moglie ed è padre di due bambini. Ribadisce più volte di amare il suo Paese che definisce, meraviglioso e ricco di risorse naturali che potenzialmente potrebbero portare benessere all’intera popolazione. Sottolinea più volte che il potenziale economico dell’Iran è una realtà concreta che però non viene sfruttata in favore della maggior parte dei cittadini. E’ preoccupato ancora oggi per la situazione politica nel suo Paese.  Teme che la mancanza di organizzazione tra le diverse opposizioni che oggi protestano possa rappresentare un ostacolo importante per un reale cambiamento e per l’ottenimento dei Diritti così tanto agognati da troppi decenni.

Il viaggio che lo porta in Italia, lo vede passare attraverso l’Iraq e la Turchia per giungere finalmente in Italia via mare, con una barca di 25 metri; più di cento persone a bordo e una settimana di navigazione. Ricorda che negli ultimi due giorni le risorse di cibo erano finite, e l’acqua a disposizione era ormai quasi esaurita.

Giunto nel nostro Paese ha cominciato un percorso di integrazione sociale lento ma proficuo che è cominciato con la richiesta e l’ottenimento dello status di Rifugiato politico. Il lavoro ha poi rappresentato un cardine fondamentale per l’inizio di una nuova vita. Oggi svolge la professione di magazziniere in una ditta del Rhodense. Ha attivato le pratiche per il ricongiungimento famigliare che spera di portare a termine prima possibile.

Ci salutiamo con l’augurio di festeggiare assieme l’arrivo della sua famiglia in Italia, e con la speranza che un giorno possa tornare in Iran a visitare nuovamente la propria terra.

Come Karim, tante altre persone intrecciano i loro destini con il lavoro della nostra cooperativa. Insieme, proseguiamo.

Andrea Bianchi

Info: futura@coopintrecci.it