Skip to main content

donmilani 360x302Ancora oggi si sale così a Barbiana: a piedi, per una strada sterrata, polverosa d’estate e sdrucciolevole sotto la pioggia. Una normale strada del nostro appennino, di quel periferico microcosmo che sono i nostri “monti naviganti”. Niente di straordinario, un “luogo fatto di nulla”. In questo luogo domina il silenzio, un silenzio periferico. Qui è però voluto salire Papa Francesco il 20 giugno di quest’anno, raccogliendo l’invito di Francesco Gesualdi a ripercorrere i sentieri intrappresi da don Lorenzo Milani.

Proprio qui è nata un’anomalia, un modo diverso di fare ciò che don Milani chiamava “scuola”. Fra le quattro mura di una canonica di montagna aperta al mondo, un uomo ha saputo dare a tanti ragazzi esclusi dalla storia un senso ed una prospettiva.
Don Lorenzo Milani ha fatto questo,

i ricorda Papa Francesco, con un gesto semplice ma rivoluzionario: ridando ai poveri la parola, “perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia”. L’insegnamento di don Milani è tutto qui, in un ridare alla “Parola” con la P maiuscola, la sua centralità relazionale capace di aprire mondi e prospettive nuove che, con una metafora efficace in una delle tante lettere scritte in vita, don Milani definiva “la soglia”. Ridare parola ai poveri significa tornare all’origine del gesto educativo che non è altro che consentire “il possesso della parola come strumento di libertà e di fraternità”.

Ed il possesso della parola ce la può dare solo la pratica educativa e quelle figure anomale che chiamiamo educatori (non solo e non necessariamente in senso professionale) che sono chiamati a far crescere la “coscienza libera” delle persone rendendole capaci di “compromettersi con gli altri”. Non possiamo che ringraziare a nostra volta papa Francesco per il riconoscimento del nostro fare educazione tutti i giorni, spesso – e per noi volentieri  – a contatto con disagio.
Cosa dicono quindi a noi cooperatori in Intrecci le parole di Papa Francesco e l’invito di don Milani? Sicuramente tante cose a coloro che hanno preso fra le mani testi come “Lettere ad una professoressa” o “Esperienze pastorali”. Alla nostra cooperativa il messaggio che arriva è però quello del cercare insieme. Nei nostri servizi e progetti, nel nostro operare quotidiano a contatto con tante persone, luoghi e situazioni, siamo invitati a “fare problema”, a porre domande insieme alle persone che accompagniamo. Ce lo ha ricordato anche il nostro Presidente Massimo Minelli nell’ultimo editoriale: bisogna saper innovare, gestire responsabilmente le risorse che ci sono date, restando però fedeli a profondi valori di riferimento.

Ad Intrecci vogliamo continuare a fare questo con attenzione e dando dignità alle persone ed ai luoghi che abitiamo. Per proseguire nel nostro cammino di cooperatori dobbiamo, in modo creativo, tornare e continuare ad impolverarci o infangarci le scarpe sui sentieri di Barbiana.

Danilo Giansanti