Skip to main content

Nina ha un sorriso così curioso e vivace che non riesci a staccarle gli occhi di dosso.
Il suo papà, Pedro, e la sua mamma, Julia, non riescono proprio a contenerne l’esuberanza e si scusano in continuazione e lei li guarda con sospetto, quasi a non comprendere perché si stiano scusando, di cosa si stiano scusando.
Scusarsi è una pratica molto comune tra i cittadini stranieri, si scusano perché spesso sentono di non essere nel posto giusto, si scusano perché molte volte vengono additati come un problema, come qualcuno che non dovrebbe esserci e quindi finiscono per chiedere scusa della loro stessa esistenza.

Abbiamo incontrato Pedro e Julia con i loro figli Nina, Luca e Sol un paio di mesi fa. Si sono rivolti allo Sportello Stranieri del Rhodense perché stavano andando incontro ad una situazione di irregolarità sul territorio e volevano capire come fare per non diventare invisibili, per non cadere dentro a quel vortice vizioso che l’illegalità porta con sé. Sono arrivati in Italia circa un anno fa, scappando da casa loro in Sud America, una casa che non era più sicura. Julia era incinta e quindi hanno deciso di intraprendere il percorso di richiesta di permesso di soggiorno per gravidanza, permesso che però al compimento del sesto mese di età del figlio perde di validità.

“Perché non avete chiesto asilo?” chiediamo sapendo benissimo che la situazione del Paese di origine di questa famiglia ha delle problematiche complesse, spesso riconosciute come valide ai fini del riconoscimento di una qualche forma di protezione.
“Ci hanno detto che non potevamo farlo” risponde Julia con naturalezza, come a dire che se qualcuno glielo aveva detto sarà stato vero. Invece no, non era vero, non è mai vero e nel loro caso questa comunicazione così leggera rischia di farli diventare dei fantasmi nel giro di qualche settimana.

Parte così il percorso che abbiamo intrapreso – tutti insieme: noi come sportello, la famiglia, l’assistente sociale del Comune di residenza – per portare alla luce, per far rimanere nella legalità questa famiglia che, nonostante le fatiche iniziali si è fidata e affidata.
La strada è lunga e non priva di ostacoli. Prima si recano presso una associazione per poter prendere appuntamento per presentare la loro domanda di protezione internazionale, ma lei e i bambini hanno una priorità, mentre il compagno no. Quindi lui deve cercare un altro posto che possa dargli un appuntamento presso la Questura competente: è una lunga attesa, ma dopo settimane riusciamo ad ottenere un primo colloquio anche con lui.

Nel frattempo i giorni passano, i permessi per gravidanza sono sempre più vicini alla scadenza e quindi ci chiediamo come possiamo fare per sostenere ed aiutare queste persone a restare a galla nonostante il mare agitato stia cercando di trascinarli giù (e sono solo un piccolo esempio di quello che succede a centinaia di cittadini stranieri sui nostri territori). La risposta è che non possiamo fare nulla, se non aspettare e sperare che i tempi per gli appuntamenti in Questura e il disbrigo delle pratiche non siano così lunghi come sospettiamo (e come ci aspettiamo…).
Possiamo solo attendere e stare a fianco di questa famiglia e di tante altre persone che ogni giorno lottano contro i mulini a vento di un sistema che rischia di renderli invisibili ed indesiderati.
Possiamo solo provare a non farli sentire né invisibili, né indesiderati, ma visti, accolti e ascoltati. Messi al centro.

Torno sul sorriso di Nina, la guardo negli occhi e vedo il futuro. La vedo che va a scuola con il suo zainetto rosa e le sue fossette disegnate sul viso. La ascolto mentre in un italiano perfetto mi racconta del suo fratellino e della sua sorellina che “sono nati qui, in Italia!”. La guardo mentre racconta alla mamma e al papà che lei va alla scuola materna e disegna, colora, gioca.

Mi fermo a pensare che nonostante tutto vale sempre la pena di schierarsi, di stare con gli ultimi, di stare dalla parte di chi a suo sostegno ha pochi strumenti, ma questi pochi strumenti possiamo usarli bene ed usarli bene significa anche fare di tutto perché il sorriso di Nina sia sempre così e diventi anche il sorriso di Pedro e Julia e con il tempo anche quello di Luca e Sol che, anche se ora non lo sanno, hanno una famiglia che lotta per loro e per il loro futuro. Insieme.

Federica Di Donato