Fine dicembre 2024, una serata di ferie. Squilla il telefono ad un orario insolito. Non posso rispondere, ma sono tanto curiosa del messaggio vocale lasciato poi su whattsapp. Mi defilo dal gruppo e ascolto. È Paola, un’assistente sociale ritrovata da pochi mesi, un incontro legato alla solita proposta di accoglienza in emergenza, un ritrovarsi dopo percorsi di lavoro condivisi in “giovane età”. La voce di Paola è spezzata, perché la notizia che deve darmi è una di quelle che rattristano e lasciano un po’ senza parole: Angelo è deceduto nella mattinata del 29 dicembre, ospite di un housing sociale.
Angelo non era proprio uno stinco di santo. Era arrivato in accoglienza di emergenza in Domus S.Anna all’inizio di novembre. Un contatto veloce con il servizio sociale di un Comune vicino a Busto Arsizio evidenziava una situazione delicata e preoccupante; un posto letto in Domus c’era, e le nostre procedure sono sempre un po’ lasche quando si tratta di provare anche solo per pochi giorni a dare un luogo di sollievo.
Un venerdì a mezzogiorno arrivò accompagnato dagli agenti della polizia locale e dalla nuova assistente sociale del servizio; un ingresso quasi mai visto, perché solitamente le forze dell’ordine arrivano da noi per contestare cose agli ospiti o per accompagnarli via dal Sant’Anna.
Vedo Angelo sul sedile davanti e lo riconosco stupita. È infatti una vecchia conoscenza: ricordo quante richieste mi faceva durante il suo periodo ristretto per risolvere la relazione con la moglie, ormai diventata ex, e per tutti i suoi casini legati ad una non eccellente gestione del denaro e ad una più o meno riconosciuta dipendenza.
Angelo è invecchiato: è in emergenza abitativa perché in casa sua non ha più né luce né gas e i debiti sono importanti; si muove con fatica, il passo è breve e salire le scale è un evidente problema. Ma il piglio è sempre quello: testardo, richiedente, poco disposto a mediazioni; sa quello che vuole e quello che gli fa bene.
La Domus non può essere il suo posto, forse nemmeno per due notti. La prima notte Angelo la passa da un amico, poi ha la pretesa di essere recuperato, perché anche solo 500 metri a piedi sono un percorso insopportabile e impossibile. Lo rivedo quindi il lunedì: si lamenta di tutto, dice che stava meglio al residence e che comunque a breve lo aspetta un ricovero a Piancavallo per diminuire il suo peso che appesantisce un cuore già infartuato. È allora che contatto Paola: l’ipotesi di Piancavallo mi sembra necessaria e urgente, Angelo è in difficoltà ad ogni passo. Il lunedì pomeriggio comunico al Comune la necessaria dimissione: la Domus non può essere nemmeno un posto di sollievo per Angelo che sta davvero male. Alla fine se ne va con il passaggio di un amico, con il solito fare da uomo esperto, con la solita battuta che vorresti restituirgli, ma capisci che è solo un modo per urlare che sta proprio male ed è in difficoltà.
Non rivedremo più Angelo, perché è morto un giorno di fine dicembre, il giorno prima del ricovero a Piancavallo. Angelo è morto giovane, o almeno giovane per le prospettive di vita del nostro Paese del “primo mondo”.
È stato l’ultimo ospite o beneficiario dei nostri servizi e progetti ad andarsene nel 2024. Occorre allora farsi qualche domanda, perché è evidente che alcune morti dei nostri beneficiari sono legate ad un accesso tardivo alla cura, ad una mancata consapevolezza del proprio stato di salute, ad una mancata attenzione al primo bisogno e diritto che fatichiamo a garantire: il diritto alla salute.
Quella sera mi sono venuti in mente altre situazioni di fatica e di malattia che hanno avuto un’accelerazione incredibile verso la morte. Credo sia tempo (o forse è già tardi) di reclamare la cura per le persone più povere e di chiedere con forza il riconoscimento del loro diritto alla prevenzione, alla sanità gratuita e alla consapevolezza che prendersi cura di sé è un atto dovuto che non possiamo sottovalutare.
Angelo mi ha permesso di ritrovare un’amica di lavoro, di incazzarmi ancora un po’ per come va il mondo e di osare parlare di morte in una società che tenta ogni giorno di mascherare con altre parole un evento che appartiene a tutti, e a qualcuno un po’ prima del tempo, forse.
Riposa in pace Angelo, fino all’ultimo non hai mancato di urlare in qualche modo (non sempre in modo gradevole e adeguato) la tua richiesta di aiuto.
Credo sia stata ascoltata, forse con ritardo, ma certamente con umanità e attenzione.
Sabrina Gaiera