Sulla torta del Progetto SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione) di Caronno Pertusella, quest’anno, ci saranno venti candeline da soffiare. Un soffio che è fatto di storie di vita e lavoro condiviso, avviato dalla cooperativa “Querce di Mamre”, poi fusasi con Intrecci. Oggi lasciamo la parola a coloro che per primi hanno creduto e credono in questo progetto, decidendo di investire impegno ed energia nella sua realizzazione: l’Amministrazione e il personale del Comune di Caronno Pertusella. Nello specifico al Sindaco, Marco Giudici, e alla Responsabile del settore promozione della persona, famiglia e società – Sussidiarietà, scuola, cultura e sport, Sara Alberti. Abbiamo sottoposto a entrambi alcune domande per guardare insieme a questi venti anni e dare anche uno sguardo al futuro, sempre più complesso e incerto.
Entrando subito nel vivo, ci piacerebbe sapere quali sono le sfide, le difficoltà ma anche le soddisfazioni di un Comune titolare di un progetto SAI
Le sfide, le difficoltà e le soddisfazioni per noi che accogliamo un progetto SAI sono, sostanzialmente, tre elementi che coincidono. Infatti, spesso nel lavoro sociale le soddisfazioni derivano dall’aver affrontato sfide e difficoltà.
La sfida è quotidiana, in un mondo spesso poco attento alle persone in difficoltà in generale; nel caso in esame, si aggiunge la componente dell’occuparsi di stranieri provenienti da territori dilaniati da guerre e persecuzioni.
Le soddisfazioni sono tante se si sanno raccogliere. Innanzitutto l’idea di farcela a portare avanti un progetto complesso (naturalmente con l’aiuto di professionisti validi come i colleghi della Cooperativa Intrecci, ente gestore del progetto sul territorio) che nella storia del nostro Comune ha retto nel tempo nonostante i cambiamenti che interessano tutti i livelli del governo locale. Naturalmente grande soddisfazione si ha dal sapere che la maggior parte delle persone che hanno vissuto l’esperienza SAI hanno trovato poi una loro dimensione autonoma e proseguito un percorso positivo. Tra le soddisfazioni c’è anche un certo orgoglio di essere tra i pochi Comuni che mettono impegno affinché progetti del genere possano esistere e resistere. Da questo punto di vista l’essere “soli” è sicuramente anche una fatica, manca una dimensione di confronto con altri Comuni che avviene solo sporadicamente.
Una delle maggiori complessità legate al progetto è la produzione di tutte le documentazioni richieste dal Servizio Centrale presso il Ministero degli Interni (che, insieme a ANCI, coordina i progetti SAI) per la gestione del progetto. Questo aspetto richiede una competenza che nel tempo ci siamo costruiti e un’attenzione continua.
Il progetto SAI compie 20 anni: ci traccereste un bilancio di questi anni e l’impatto che il SAI ha avuto sul territorio di Caronno Pertusella?
Abbiamo già in parte risposto, aggiungiamo che per quanto riguarda l’impatto sul territorio, soprattutto se si guarda il rapporto con le Associazioni presenti, si è sviluppata una sempre maggiore consapevolezza rispetto al progetto SAI e questo ha avuto sicuramente un influsso positivo su tutta la popolazione in termini di accoglienza e consapevolezza. Ovviamente ci sono delle difficoltà, legate soprattutto alla conoscenza del progetto all’esterno, da una parte, giustamente, per un principio di rispetto della privacy delle persone accolte, dall’altra per una certa diffidenza che un’esperienza del genere può incutere in chi non la conosce.
Quali sono le motivazioni che hanno spinto questa amministrazione a aderire, ancora una volta, al bando SAI?
A questa domanda rispondiamo con un’altra domanda: perché no? Ormai le competenze le abbiamo, il progetto funziona, perché tirarci indietro? I progetti SAI si sono dimostrati negli anni i più convincenti in termini di risposte date al fenomeno dell’immigrazione e ai temi dell’accoglienza. L’immigrazione è un fenomeno umano, sempre esistito. Esso punta a ricercare migliori condizioni di vita per chi chiede asilo e nuove risorse per il Paese ospitante. Le migliori condizioni si creano quando c’è piena integrazione dell’immigrato e della sua famiglia nel Paese ospitante. Il SAI sviluppa una rete di servizi e consegna un percorso d’integrazione che è indispensabile per chi arriva da diverse culture. La cosa che ci piacerebbe sarebbe vedere fiorire tanti di questi progetti sul territorio per una condivisione, ma soprattutto per non avere la sensazione di produrre l’effetto di una goccia nell’oceano.
Quanto, a vostro avviso, la pandemia di Covid-19 ha inciso sul progetto e l’accoglienza?
La pandemia ha semplicemente ridotto per un primo periodo la capacità del progetto di accogliere in termini di numeri, in quanto è stato necessario (come del resto per tutti i servizi alla persona) riorganizzarsi con le norme igieniche necessarie.
Prospettive per il futuro: come vi immaginate l’accoglienza di “domani”?
È abbastanza difficile, visto i continui e veloci mutamenti a livello sociale, immaginare questi progetti in un contesto futuribile. Non sappiamo se tra 10 o 20 anni avranno ancora senso piccoli progetti, piccole esperienze, o se, in un mondo migliore, le persone potranno accedere ai servizi in modo più immediato. Immaginiamo dei servizi più accessibili con percorsi più snelli, con meno burocrazia, che attualmente purtroppo ci vincola e spesso non ci permette di rispondere in modo tempestivo ed efficace. Sempre in un mondo futuro migliore, con tutta la burocrazia ridotta al minimo, chiunque dovrebbe poter accedere ai servizi che gli necessitano in modo più immediato. In questo senso la tecnologia potrebbe in futuro aiutarci non poco.
A cura di Elena Pastorino