Gara di cucina a Casa Elim: la ricetta della collaborazione, del confronto, della condivisione. E del giudizio.
C’era una volta un gruppo di ragazzi di diversa altezza, età e colore: c’erano i fratelli Albania di colore rosso, i fratelli Egitto di colore rosso bianco e nero, il Kosovo blu e i fratelli Bangladesh verde, il Sudan con tanti colori: il rosso, il verde, il bianco e il nero, abitavano tutti in una cascina gialla, a far compagnia a questo gruppo di ragazzi c’erano i maestri d’arte che l’accompagnavano in tutte le loro attività della giornata e i ragazzi crescevano forti e capaci.
Abitavano tutti sotto lo stesso tetto e una volta a settimana preparavano intrugli di vario tipo con gli ingredienti che compravano al supermercato, ma non erano soddisfatti in quanto mancava sempre del colore e del sapore alle pietanze e i giovani non riuscivano a capire il perché. I maestri, che speravano sempre di far crescere le abilità dei ragazzi, desideravano per loro un’ulteriore crescita anche nella preparazione di manicaretti e pensarono tantissimo per capire quali fossero gli ingredienti che si potevano aggiungere. Avevano comprato ogni tipo di verdura e di spezia al supermercato, ma non riuscivano a capire cosa si potesse aggiungere ai piatti e in quale mercato andarli a trovare; allora tutti i maestri insieme andarono al mercato speciale delle idee che si svolge tutte le settimane in cascina e lì insieme trovarono gli ingredienti: uno trovò l’ingrediente della collaborazione, l’altro trovò l’ingrediente del confronto, trovarono anche l’ingrediente della condivisione e per finire quello giudizio.
Gli ingredienti trovati erano difficilissimi da preparare e si chiesero se i giovanotti fossero capaci di cucinarli; un maestro disse: “mettiamoli alla prova, sono ingredienti che talvolta anche noi non riusciamo bene a cucinare; ma proviamo e magari anche con il nostro aiuto si riesce”. Allora i maestri decisero: convocarono tutti i ragazzi e gli presentarono gli ingredienti; uno dei fratelli Albania disse: “certo la condivisione la conosco! Con mio fratello condivido la lingua” e i maestri dissero: “avete provato a cucinarla diversamente? Se cucinato bene l’ingrediente della condivisione genera involtini di empatia!”. Uno dei fratelli Egitto disse: ”anche noi l’ingrediente della collaborazione lo conosciamo, facciamo insieme le pulizie della cucina”. E i maestri dissero: “avete provato a cucinarlo diversamente? Se cucinata bene la collaborazione genera polpette di prossimità.”
Fu poi la volta del confronto; i fratelli Bangladesh dissero: “ma certo, ci confrontiamo sempre tutti i giorni anche con voi” allora i maestri dissero: “avete provato a cucinarlo diversamente? Dal confronto possiamo creare zuppe di conoscenza.” Infine l’ingrediente giudizio e Kosovo disse: “certo a scuola ci danno i voti, voi ci dite se siamo stati bravi” anche qui i maestri dissero: “proviamo a cucinarlo diversamente se cucinato bene, possiamo creare crema di crescita.”
Allora la collaborazione fu cucinata a piccoli gruppi che contenevano vari colori e divennero gruppi arcobaleno. Il confronto fu cucinato il giovedì come base per le scelte del venerdì, il venerdì fu cucinata la condivisione e fu messa nelle pentole e sui taglieri; il giudizio fu cucinato per ultimo perché difficile da dosare e infatti qualche ragazzo ne mise tanto e qualcuno poco; i maestri sapendo che era l’ingrediente più difficile da cucinare aiutarono i ragazzi aggiustandolo di sale e zucchero in modo da non rovinare le pietanze che da qual giorno furono coloratissime e piene di sapore della vita e vissero felici e contenti… almeno per un po’…
Come tutte le favole c’è una morale, in questa favola le morali sono tante: che si impara sempre qualcosa dall’altro, che la mediazione è sempre necessaria e che non è facile giudicare nemmeno un piatto di pasta con la maionese, ma soprattutto che il cibo unisce tutto il mondo!
Ho raccontato come una favola l’esperienza di gara culinaria in una comunità di minori stranieri non accompagnati: Casa Elim. L’intento era quello di superare una certa faziosità che spesso si crea all’interno della comunità, dove nazionalità diverse tendono a fare gruppi contrapposti, una dinamica che spesso crea tensioni. Abbiamo anche fatto in modo che i ragazzi che ospitiamo si potessero sperimentare nell’arduo compito nel dare voti.
Abbiamo scelto lo strumento della cucina perché i ragazzi spesso il venerdì, che è stato selezionato come giorno di preparazione del pasto in cui non usufruire del catering, cucinano da soli, ma tendendo ad essere sempre gli stessi. Avevamo bisogno di qualcosa che potesse coinvolgere tutto il gruppo.
In una riunione è stata presentata la gara con il relativo premio; chiaramente all’inizio i ragazzi erano interessati principalmente al premio e le domande erano relative solo alla sua tipologia. Poi sono state create tre squadre (la gialla, la verde e la blu) sorteggiando i componenti. Questo momento è stato vissuto con ansia dai ragazzi che volevano sapere con chi sarebbero capitati in squadra: con connazionali? Con il compagno di stanza? Con chi si parlava poco o addirittura con qualcuno di antipatico? Ogni nome sorteggiato era accompagnato da una ola…
Formate le squadre ogni ragazzo ha accettato senza nessun tipo di rivendicazione. Dato che c’è stata una buona risposta iniziale nell’attività proposta abbiamo deciso, in equipe, che avremmo premiato anche il ragazzo che, a nostro insindacabile giudizio, avesse meglio interpretato il senso della gara. I momenti sono stati scanditi dagli educatori: il giovedì era il momento in cui la squadra sceglieva i piatti da preparare e la relativa spesa. Ai componenti della squadra è stato chiesto di confrontarsi per scegliere il menù e quello che avrebbero mangiato tutti. Il venerdì era il momento della creazione dei piatti e della divisione dei compiti; non c’era solo il cucinare, ma anche apparecchiare, servire e pulire. Dopo la consumazione del pasto i componenti delle altre squadre dovevano dare un voto da 1 a 9, i biglietti con i voti venivano raccolti dagli educatori che li custodivano fino alla conclusione della gara.
La votazione da parte dei ragazzi è stata severa, e talvolta, a nostro avviso, anche ingiusta. Forse per strategia? Questo è stato un tema che abbiamo poi affrontato durante la premiazione e dopo.
La premiazione è stata un momento atteso, di gioia e trepidazione. In base alle votazioni dei ragazzi è stata la squadra gialla a vincere e abbiamo anche premiato chi ha inteso meglio il senso della gara: confrontandoci in equipe abbiamo stabilito due vincitori. Abbiamo spiegato a tutti la nostra scelta di premiare due ragazzi: uno perché ha cercato il confronto e la mediazione per la scelta dei piatti nel suo gruppo, l’altro perché ha cercato di mettersi a disposizione aiutando tutti i gruppi. I ragazzi hanno accettato i verdetti e le spiegazioni fornite a chi aveva bisogno di una restituzione sul suo impegno.
Anche nella premiazione abbiamo creato l’attesa e la solennità del momento, abbiamo proclamato la squadra vincente utilizzando la modalità oscar aprendo una busta e mostrando la foto di uno dei piatti preparati. Anche per i ragazzi del premio individuale abbiamo aperto la busta e mostrato la foto dei ragazzi che hanno vinto. Abbiamo voluto che ci si potesse seguire anche sui social, postando le foto dei piatti e l’evolversi della gara. Non sono mancate foto, impegno, risate e qualche rimprovero!
Tutti conservano un bel ricordo di questa attività. A breve, la seconda edizione!
Enrico Pauciello
Info: casaelim@coopintrecci.it