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Da qualche anno la comunità pastorale Maria Madre Immacolata (Ma.M.I. per gli amici!) a Varese sta coltivando un desiderio molto ambizioso: integrare tutte le proposte che normalmente “abitano” un oratorio (l’iniziazione cristiana, i compiti, il cortile e lo sport) all’interno di un unico progetto educativo, il più possibile coerente e coeso. Con l’inizio del corrente anno scolastico questo desiderio ha iniziato a prendere forma, concretizzandosi in una nuova idea di Doposcuola, con un programma di attività che vanno dal pranzo al tardo pomeriggio.

Ma c’è di più: il motore alla base di tutto ciò è l’attivazione della cosiddetta “comunità educante” di cui fanno parte tutti i laici della MA.M.I., oltre che i religiosi e gli educatori. L’idea punta molto in alto, ma proprio per questo è anche decisamente stimolante.

Per capire un po’ meglio di cosa si tratta ho fatto qualche domanda al Don, agli educatori e ad alcuni volontari che, nonostante timori e preoccupazioni, hanno accettato con entusiasmo di partire per questa nuova avventura…

I vostri doposcuola hanno una storia molto lunga: ci racconti come sono cambiati nel tempo?

Don Matteo Moda (Responsabile della Pastorale Giovanile della Ma.M.I.): «Il doposcuola di Masnago per i ragazzi delle medie è nato circa 20 anni fa, quello di Bobbiate, sempre rivolto alla stessa fascia di età, sette anni fa. Dal 2018 nella parrocchia di Masnago abbiamo avviato anche un doposcuola per le primarie, ampliando così la proposta a un maggior numero di ragazzi che, nel gennaio 2021, è stata replicata anche a Bobbiate. Con settembre 2021 i nostri doposcuola di Masnago e Bobbiate hanno conosciuto una nuova fisionomia: l’accoglienza dei ragazzi delle medie e delle primarie si è integrata in un unico progetto che si articola in diversi momenti (un servizio mensa appaltato a una ditta esterna, l’accompagnamento dei ragazzi nello svolgimento dei compiti e le attività educative da vivere nel cortile dell’oratorio o attraverso laboratori e attività complementari). Questo cambiamento ha portato a una nuova vitalità nei cortili dei nostri oratori, soprattutto dopo le diverse chiusure legate alla pandemia».

Perché decidere di offrire un servizio così articolato e, ammettiamolo, anche molto complesso da gestire?

Don Matteo: «Non è solamente un semplice aiuto alle famiglie in difficoltà, ma il desiderio di un oratorio che sia casa accogliente, un luogo che sappia unificare il vissuto frammentato dei nostri ragazzi, accompagnandoli nel percorso di fede, scolastico e sportivo, valorizzando così pienamente la crescita umana e spirituale di ognuno di loro».

Andrea Ballabio (coordinatore Pepita) ricorda il Cardinal Martini quando diceva che “l’oratorio è l’espressione dell’attenzione della comunità adulta nei confronti dei giovani e dei bambini” e riflette sul fatto che «nel 2021 questa frase assume ancora più valore perché la società e il nostro stile di vita sono cambiati: tutto è più frammentato e liquido. Ma l’oratorio rimane l’unico luogo che ha una proposta spirituale ed educativa per tutti. Fare doposcuola oggi è dare l’opportunità alle giovani generazioni di crescere, imparare, diventare grandi e tutto questo grazie ad una comunità adulta attenta ai suoi giovani, che pensa e sogna i suoi giovani».

Carla Gentile (educatrice Intrecci) ci tiene a sottolineare che «i sogni e le ambizioni dei ragazzi sono da coltivare, non nascono all’improvviso, si tratta di un processo lento e il doposcuola si pone anche l’obiettivo di coltivare e accompagnare tutto questo. La comunità educante – così come l’essenza del progetto – si esprime soprattutto in questo: non solo nell’aiuto nello svolgimento dei compiti, ma in un accompagnamento alla crescita di coloro che guardano al futuro».

Ecco, appunto, la comunità educante: è un’espressione che ritorna spesso nel progetto ma non è un’idea semplicissima da spiegare. Concretamente cosa significa per te che il doposcuola è “espressione della comunità educante”?

Don Matteo: «Essere una comunità educante vuol dire vivere dentro un abbraccio! Ma è necessario un grande lavoro per arrivare ad una comunità che con gioia viva la corresponsabilità del suo agire, cioè in cui ognuno si senta responsabile delle scelte compiute, non solo la figura religiosa di riferimento e/o l’educatore professionale. E qui sta anche la sfida di oggi: far risplendere la propria vocazione dentro la comunità, la propria testimonianza dentro quel servizio che, seppur nascosto, racconta e dice qualcosa alle nuove generazioni”.

Stefania Canziani (educatrice Pepita) riassume in maniera semplice ma estremamente chiara: «In pratica significa che questo progetto non è il doposcuola del Don, dell’educatore o di qualche volontario, ma è il doposcuola di tutti, creato grazie alla collaborazione di tanti che offrono il loro tempo, le loro capacità e le competenze per il bene dei ragazzi».

Fine della prima parte. La seconda parte verrà pubblicata con la newsletter di gennaio 2022

A cura di Federica De Stefano

Info: f.destefano@coopintrecci.it