Lo sappiamo tutti, “tessere una rete di relazioni buone” appartiene al nostro DNA da quando don Gian Paolo spiegò i motivi che avevano portato i fondatori a dare il nome “Intrecci” alla cooperativa nascente.
E questa avventura appena partita mostra come lo spirito con cui Intrecci nacque è ancora vivo e come non perdiamo occasione per “metterci in gioco senza chiusure e senza preconcetti”.
Naturalmente le cose non nascono all’improvviso, ma bisogna seminare (e seminare bene!) per poi arrivare a raccogliere i frutti. Ed è stato così anche in questo caso. Grazie alla costante e proficua presenza negli anni di Sabrina e degli altri colleghi che si sono succeduti all’interno della casa circondariale di Busto Arsizio, a Don David, cappellano del carcere, è venuto naturale coinvolgere Intrecci nel progetto che voleva iniziare con la sua cooperativa “La Valle di Ezechiele”.
I principi che stanno dietro a questo progetto si ritrovano nella mission della nuova cooperativa, dove si legge che ciò che viene auspicato è di “ricostituire la persona, in uscita dalla detenzione, cercando e offrendo opportunità di lavoro. La persona è il fine; il lavoro, lo strumento. Siamo convinti che: Il lavoro educa……alla convivenza civile, alla non violenza, alla responsabilità verso la propria famiglia e la società. Il lavoro genera sicurezza sociale, abbattendo la recidiva. Il lavoro genera la cultura del bene e relazioni alternative a quelle delinquenziali. Il lavoro genera salute, inducendo ritmi di sonno/veglia regolari: una normalità altra da quella criminosa (malata di accidia)”.
I tre pilastri su cui si fonda il progetto sono: un lavoro, un cammino e un responsabile.
Il lavoro e il luogo in cui svolgerlo erano già stati individuati: si tratta di un lavoro di sbavatura e selezione della gomma da svolgersi presso un capannone sito a Fagnano Olona.
Si trattava quindi di trovare un educatore che aiutasse a definire i criteri per individuare i beneficiari del progetto e che li seguisse nell’inserimento e per la durata del percorso stesso.
Così mi è stato chiesto se volevo ricoprire questo ruolo ed io, ben volentieri, ho accettato!
Devo dire che la fase di avvio non è stata semplice, ma credo faccia un po’ parte del “gioco” di squadra quando i giocatori non si conoscono ancora bene tra loro. Per di più, in questo caso, non si conoscevano molto chiaramente neanche le regole del gioco!
I giocatori erano: La Valle di Ezechiele, Intrecci, l’area trattamentale del carcere, l’UEPE, il SERT, i magistrati di sorveglianza e, naturalmente, i detenuti. C’è voluta molta calma, perseveranza e soprattutto credere che quello che si stava facendo e come lo si stava facendo fossero veramente le cose giuste per strutturare la miglior opportunità possibile per i detenuti.
Alla fine ne siamo venuti a capo e così il 16 novembre siamo partiti!
Ad oggi sono coinvolti 3 beneficiari, due in detenzione domiciliare e uno in affidamento. Uno di loro è stato assunto dalla cooperativa “LA Valle di Ezechiele”, mentre gli altri due stanno svolgendo un tirocinio.
Naturalmente è troppo presto per dire se il progetto porterà i frutti attesi. Per il momento quello che posso riportarvi è la gratitudine delle persone coinvolte. La gratitudine per averle aiutate ad ottenere una misura alternativa al carcere, ma forse ancor di più la gratitudine per aver creduto in loro, per avergli dato fiducia.
La rete di Intrecci si è allargata ulteriormente, ha aggiunto un altro nodo alla sua già fitta maglia di relazioni con tante realtà del territorio e possiamo essere sempre più convinti che sia questo l’unico modo per (r)accogliere al meglio persone inciampate, accompagnarle in un tempo di ristoro e poi lasciare che proseguano per la loro strada.
Marco Piccione
Info: a.savi@coopintrecci.it