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Ascoltando il racconto di Rosa mi chiedo quali siano i criteri che adottiamo quando decidiamo di confidare un nostro problema a qualcuno. Cosa risulta determinante nella scelta? Prevale la nostra attitudine, più aperta e confidente rispetto a quella di altri? O è la persona che abbiamo davanti a convincerci, col suo sguardo, la sua postura, il suo modo di stare di fronte a noi? Si dice spesso che sia più facile aprirsi con persone sconosciute: il vicino di posto sul treno, una persona incontrata per caso nella sala d’aspetto di un medico, e così via. Quello che è certo è che confidarsi con una persona che già si frequenta è una scommessa, perché le variabili sono tantissime e i dubbi che prima o poi ci assalgono impegnativi: cosa se ne farà di questa confidenza la persona che la riceve? Potrà fare qualcosa per me o si limiterà a prenderne atto e si dimenticherà molto presto? O, peggio, il “segreto” diventerà oggetto di pettegolezzo leggero: “ah, sai, ho saputo ’sta cosa, proprio da lei; ti giuro, ma ti pare?!”.

Confidare è sempre un atto di fiducia, nelle persone e nel futuro.

L’altro elemento che mi colpisce nella storia di Rosa è la conferma di quanto possano incidere i legami informali, quelli non strutturati, tutti al di fuori dai percorsi “istituzionali”: colleghi, commercianti di vicinato, mamme e papà dei compagni di scuola dei figli…

Sono quei legami sociali sui quali molti interventi di welfare di comunità e di coesione hanno lavorato e investito in questi ultimi anni.

Ma cominciamo dal principio: Rosa nell’autunno del 2019 ha ventinove anni e dà alla luce la sua seconda figlia; ha un lavoro come addetta alle pulizie ad ore, mentre il compagno ha aperto una piccola attività in proprio. Convivono in un appartamento per il quale da qualche mese si sono accollati un mutuo ipotecario e hanno già due figli provenienti da precedenti legami.

Ma dal marzo dell’anno dopo la pandemia soffia forte e rischia di abbattere tutto quello che hanno costruito: Rosa, infatti, rimane forzatamente a casa e l’attività in proprio del marito deve chiudere i battenti per limitare i danni.

Per qualche mese cinque persone chiuse in casa ad aspettare che passi la buriana.

“In quelle settimane abbiamo cominciato davvero a tremare. Per tutti quei mesi siamo stati male e a settembre ci siamo ritrovati con le rate del mutuo arretrate e le bollette che cominciavano ad accumularsi. Non avevamo molte prospettive davanti a noi e i nostri risparmi erano ridotti a zero. Non sapevo proprio a chi appoggiarmi e a chi chiedere aiuto. Un pomeriggio, mentre aspettavo che la mia prima figlia – che allora aveva otto anni – uscisse da scuola, ho scambiato quattro chiacchere con Giovanna, la mamma di una delle compagne di scuola di mia figlia. Non so come né perché, mi sono ritrovata a confidarle la nostra situazione. Sì, sapevo vagamente che Giovanna frequentava gli ambienti di chiesa e in passato aveva dato una mano a qualche famiglia in difficoltà, ma non pensavo di ricevere un aiuto. Era davvero una confidenza buttata un po’ lì…”

Ecco, appunto: una scommessa, neanche tanto consapevole. Giovanna però registra la conversazione e si confronta col Centro d’ascolto Caritas della sua parrocchia; poi, nei giorni seguenti, torna da Rosa con un invito a farsi viva.

Rosa, com’è stato farsi avanti e chiedere aiuto? “Ho sempre pensato che Caritas fosse un aiuto per le persone che hanno più bisogno e io fino a quel momento non ero mai stata nei guai. All’inizio ho pensato che quel passo non facesse per me, non volevo farlo. Poi ho pensato alle mie figlie e la vergogna l’ho messa dietro. Noi non abbiamo parenti a cui appoggiarci ed è vero che quando si è da soli si può tentare di stringere la cinghia fino ai limiti e anche oltre, accontentandosi di sopravvivere. Ma quando hai dei bambini, allora no; coi bambini è tutto più difficile. Sono loro che mi hanno spinto a cercare un sostegno”.

Comincia così, con quel respiro profondo e con un primo appuntamento, il percorso di aiuto a Rosa e ai suoi familiari. All’inizio ritirano un pacco viveri ogni tre settimane: “per noi ha voluto dire un po’ di tranquillità, almeno fino a quando durava la spesa che mi davano”. Ma la visita periodica al Centro non è solo l’occasione per ricevere beni alimentari, è anche l’opportunità di parlare ancora un po’ di sé, dei propri problemi e necessità, per guardare con un minimo di fiducia verso il futuro.

Le settimane passano e attraverso altri legami amicali e di prossimità Rosa ritrova un primo lavoretto, sempre nel ramo delle pulizie, mentre il compagno – abbandonato il sogno di una propria società – ricomincia a lavorare, questa volta come autotrasportatore dipendente.

Col trascorrere dei mesi la linea di galleggiamento diventa via via più sicura, anche se c’è da cominciare a saldare il debito accumulato nel 2020 e nel primo stralcio del 2021. Tuttavia la ruota gira e i legami stretti alla Caritas portano a Rosa un’altra opportunità. Attraverso il Progetto “Salute!”, sostenuto dalla Fondazione comunitaria Nord Milano, la cooperativa Intrecci sta offrendo a persone in difficoltà un voucher per cure gratuite presso il Poliambulatorio di Farsi Prossimo Salute a Milano.

Attraverso questo nuovo sentiero che si apre, Rosa e il compagno riescono a sostenere le spese mediche di alcuni interventi oculistici e odontoiatrici per le proprie figlie. “I denti sono importanti per i bambini e fortunatamente i problemi principali di tutte e due sono stati risolti, al resto penseremo più avanti”. Rosa racconta con piacere e gratitudine la puntualità degli appuntamenti e delle cure al Poliambulatorio; della serie: me la sono cavata e ho potuto offrire alle mie bambine anche delle cure che non avrei potuto permettermi, almeno per un bel po’ di tempo.

Stefano, che come operatore sociale ha accompagnato Rosa nel suo percorso, le riconosce la capacità di non mollare e di resistere alle avversità: “Ne vedo tante di persone che purtroppo non riescono a farsi aiutare, mancando in maniera un po’ autolesionistica la mano che viene tesa loro. Persone che non vanno agli appuntamenti, lasciano all’improvviso il tirocinio, abbandonano un primo co-housing che li ha tolti dalla strada. Rosa invece ha una bella testa, ha le idee piuttosto chiare su ciò che deve fare per sé e per la propria famiglia. Sa cercare le strade più efficaci per risolvere i suoi problemi, senza negarli. Ha rispettato tutti gli appuntamenti al Poliambulatorio e adesso, supportata e orientata nel modo migliore, è impegnata a ripagare i debiti”.

E ora, Rosa, come lo vedi il vostro futuro?

“Sono grata alle persone che ho incontrato e che mi hanno aperto delle strade: se non fosse stato per loro oggi non sarei qui. Sono un po’ più tranquilla ma non del tutto, perché il mio impiego è ancora precario e solo alla fine del mese saprò se il contratto si trasformerà in tempo indeterminato. Intanto però, sempre col passaparola, il mio compagno ha un lavoro e finalmente un contratto stabile e questa è una gran cosa. Dopo la maturità, vedremo cosa vorrà fare la nostra figlia più grande: è molto brava e vorrebbe continuare a studiare. Dobbiamo capire come riusciremo a fare con i soldi. Ma anche a questo  penseremo domani. Intanto davvero grazie a tutti”.