Eccoci, è arrivato il momento di salutarci. I bambini sono un po’ agitati, trapela tutto l’entusiasmo per il trasloco nella nuova casa, quella definitiva, probabilmente. Dopo tre cambi di abitazioni in sei anni. La mamma, invece, mantiene una certa distanza, fa fatica a gestire questo saluto che diventa il gesto simbolico del cambiamento, del distacco. Il momento tanto atteso e desiderato di uscire dal progetto è arrivato, perché uscire significa, nella maggior parte dei casi, aver raggiunto l’autonomia abitativa ed economica.
Quando una persona o una famiglia aderisce al servizio housing, decide che il prossimo futuro si presenterà come un percorso all’interno di un progetto condiviso e sostenuto dal servizio sociale inviante e dall’equipe educativa, dove doversi mettere in gioco in un tempo prestabilito e concordato. Dare la cornice temporale aiuta tutti a darsi un durata di lavoro in relazione alle risorse a disposizione, alla tipologia di progetto e obiettivi da raggiungere. Ma quanto tempo ci vuole?
E’ una storia, quella della famiglia Abba (nome di fantasia), che inizia come tante altre.
Il signor Abba da tempo vive in Italia da solo; dopo qualche anno decide di sposarsi con una connazionale che vive ancora nel Paese di orgine. Nascono due bimbi, poi la decisione di ricongiungersi. Ma sono gli anni della crisi economica e in un batter d’occhio il signor A. perde il lavoro e poco dopo la casa in affitto. Lontani dalla famiglia di origine e dagli affetti più profondi, dopo uno sfratto con due bambini ancora piccini e senza soluzioni anche temporanee da giocarsi e quindi costretti a smembrarsi, avviene il crollo psicologico: solo macerie e nessuna luce, solo disperazione e nessuna visione del futuro. Dopo un breve periodo in comunità, il servizio sociale decide di investire risorse economiche e temporali credendo nelle capacità di riattivazione della famiglia. Ma il percorso da tracciare presuppone un lavoro graduale, come in un puzzle dove tutti i pezzi devono andare al loro posto. Una sfida che coinvolge tutti gli attori in campo, in primis la famiglia che deve aderire. Veniamo quindi interpellati come area housing per costruire un progetto, individuando nel servizio ReteAppartamenti la risorsa più adatta in questa fase in cui in cui è necessario un accompagnamento educativo, di ricostruzione della sfera familiare e genitoriale, di riacquisizione di competenze e risorse da investire in una progettualità che miri alla stabilità.
Dopo circa 4 anni di accoglienza nell’appartamento della ReteAppartamenti, insieme al servizio sociale inviante si condivide la necessità di chiudere il progetto per sperimentare un nuovo cambiamento, un periodo di 18 mesi (tempo dato dal contratto di locazione sottoscritto con la famiglia) dove concentrarsi sulla ricerca di stabilità economica, gestire sempre più in autonomia tutti gli ambiti del quotidiano e progettare il prossimo futuro familiare. Un tempo in cui, accompagnati dagli operatori, mettersi alla prova e alla fine del quale sentirsi pronti per l’ennesimo cambiamento, un percorso di responsabilizzazione e autonomia per cui sono essi stessi a cercare la soluzione abitativa più adatta ai bisogni e alle possibilità che hanno. La famiglia A. entra quindi nel servizio housing Luoghi Ospitali. Il passaggio del cambiamento è vissuto con difficoltà, la resistenza e anche il timore è tanto. Ma necessario.
La famiglia Abba non solo è riuscita a stabilizziarsi ma negli anni di accoglienza ha risparmiato. Durante la permanenza nel servizio LuoghiOspitali ha cercato e trovato un appartamento da acquistare nella zona dove desiderava stabilirsi, considerando i costi e i benefici della propria scelta.
E così, dopo 6 anni, dopo aver seguito la luce nel tunnel, è arrivata all’uscita firmando il rogito di compravendita nella primavera scorsa. Finalmente è arrivato il momento del saluto, che nonostante la gioia di tutti, presuppone la sofferenza del distacco da ciò che è stato.
La lungimiranza del servizio sociale inviante che ha investito risorse economiche per una progettualità prolungata ha permesso alla famiglia di avere il tempo necessario per fare gradualmente il proprio percorso di autonomia, partendo da un accompagnamento educativo che è durato diversi anni per arrivare ad una accoglienza mirata a sedimentare le basi per trovare la stabilità.
Un lavoro in sinergia tra servizi di housing e con il servizio inviante, che insieme a noi ha visto il cambiamento, lo ha sostenuto e incentivato, fino al raggiungimento dell’obiettivo.
E allora quanto tempo ci vuole? Il tempo che ci vuole, se tutti fanno il loro pezzo.
Barbara Casasola