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Ci sono parole nuove o usate in un modo nuovo che poi si riutilizzano in situazioni diverse da quelle dove sono nate. Da tempo paragono il “Long Covid” (che non conosco, se non per narrazione) ad un tempo lungo sempre più necessario nelle nostre quotidiane prassi educative, anche negli interventi con gli adulti, soprattutto davanti a storie sempre più stratificate nella loro complessità e ad un sistema di servizi multipli (ma con poche risposte) in cui lavoriamo ogni giorno.

In questo tempo lungo si snoda la storia di Alfonso e del suo accompagnamento dopo percorsi vari in vicende illegali. È un uomo di galera, Alfonso, ci è cresciuto dentro fin dall’inizio, in giovane età, per una sorta di “delitto d’onore” (raccontato da lui) che qualcuno dice non è nemmeno “roba sua”, ma era giovane e gli è toccato… Poi la strada è diventata sempre più ripida, ma forse era la sola strada da affrontare per chi come lui sapeva poco di scuola e molto di carcere e malavita. I valori sono chiari: la famiglia e il proprio “clan”: e per questo si rischia tutto. Il giro dei penitenziari è garantito, persino all’Asinara dove lui ha fatto l’elettricista ed è stato sull’isola a lavorare, non solo nella camera a lui concessa. Gli anni sono passati, i figli sono diventati grandi e la storia si è ripetuta con ingressi e dimissioni per differenti reati.

Quando ci accade di conoscere Alfonso la vita ha fatto quasi un giro di boa: i figli sono ormai maggiorenni e uno solo è rimasto appresso a lui; un matrimonio (il solo) improvvisamente al capolinea, sorelle e fratelli non più disponibili per accoglierlo; l’età che al passo con la salute non permette un’autonomia immediata. L’avvento del Covid ha fatto la sua parte e l’ingresso in un progetto di housing è una garanzia dovuta a chi ha deciso di ricominciare – o forse di iniziare – a stare nelle regole.

Da quel giorno di settembre 2021 inizia il tempo lungo del nostro essere “prossimi” alla storia di Alfonso: affidamento al territorio (dimissione dal carcere in misura alternativa concordata con l’ufficio educatori) con regole strette e controlli al servizio dipendenze; ripresa dei contatti con il territorio per “ritornare ad essere cittadino”; recupero delle proprie cose dalla cantina lasciata alla famiglia; esami clinici per definire la situazione sanitaria e prendersene cura; aiuto nella gestione delle parti comuni dell’abitazione. A dicembre, poco prima del Natale 2021, Alfonso torna ad essere un uomo libero: la scarcerazione gli viene consegnata dalle forze dell’ordine e lui la presenta a noi operatori come il segno della sua buona condotta ormai avviata. Ma come dicevamo inizia ora il “tempo lungo“ della cura sociale e degli interventi. Alfonso non è un ragazzino e occorre avere un piano per l’autonomia o forse (esagerando ma non troppo) per la sopravvivenza. Le possibilità non sono molte e si inizia a testa bassa con la residenza nel paese dove da sempre ha abitato dopo aver lasciato il sud e per fortuna si ottiene una residenza fittizia che è lo spunto che ci permette ancora adesso di prenderci cura di lui. Dopo la residenza arrivano il documento di identità e poi lo SPID e poi l’ISEE e poi il reddito di cittadinanza e poi la conferma del medico di base e poi la partecipazione al bando ALER aperto sul distretto di residenza e poi ancora un aggancio per un tirocinio lavorativo, e poi…

Ad ogni nostra intuizione e ad ogni intervento segue un momento di impasse del sistema dei servizi e il tempo intuito come “domani facciamo…” diventa “nel tempo faremo”. Intanto Alfonso investe energie anche sulle sue vecchie relazioni parentali e amicali e ad aprile fa un salto al mare (arriva a Rimini a mezzanotte e ci manda una foto con un asciugamano intorno ai fianchi e i piedi finalmente a mollo nell’acqua salata, dopo tanti anni), è il referente per la spesa dell’appartamento, sa mettere pace nelle dinamiche di tensione della casa, viene a fare visita alla parrocchia di Sant’Anna a Busto Arsizio, per salutare don Michele e darci una mano; vorrebbe fare un orto e avere verdura a km 0, cerca (a modo suo) una bella storia d’amore e ogni giorno richiede un po’ del nostro tempo per progettare, per essere vicini, per fare insieme anche le cose più semplici: Alfonso è un uomo del fare e con numeri e lettere non ha un bel rapporto, siamo noi i suoi “traduttori” per alcune informazioni.

Per un anno intero abbiamo esplorato possibilità, ma alcune cose non sono andate come avevamo sperato ed è tempo di lasciare la casa, non solo per i tempi del progetto ma anche per il tempo che Alfonso si è dato per stare nel contesto dell’appartamento. E dopo un anno, a settembre 2022 va così: la residenza c’è, ma nella graduatoria case popolari non è stato raggiunto un buon punteggio. La famiglia d’origine c’è, ma sempre in affanno per questioni varie. I figli ci sono, ma c’è chi è lontano e chi non ancora autonomo. Il tirocinio si potrebbe fare, ma serve una stabilità abitativa.

Ma per fortuna o forse per necessità il tempo lungo della nostra équipe e di Alfonso si intreccia con altre possibilità che la cooperativa ha sul territorio dove Alfonso ha la residenza, e senza interrompere tutte le ipotesi e le intuizioni si può proseguire. Il tempo lungo dell’accompagnamento ci permette di far sostare Alfonso al dormitorio aperto per l’emergenza freddo, di consegnare al collega e al servizio sociale tutte le nostre informazioni e suggestioni, di recuperare con calma il pezzo di “vita” lasciato in appartamento, di mostrare a Alfonso come le cose stanno faticosamente andando in un continuum complesso, ma attivo e prossimo. Siamo vicini nel tentativo di intervenire anche quando, a fine 2022, arriva la revoca del Reddito di cittadinanza perché il passato (che è scontato e passato) non permette più di beneficiare della misura del reddito. Abbiamo un’altra possibilità, un’altra carta da giocare: una tessera per l’Emporio della Solidarietà può garantire la spesa, e magari ritorniamo a parlare di inserimento lavorativo…

Ecco ora noi passiamo il tempo lungo della cura ai colleghi che insieme a noi hanno raccolto la storia di Alfonso e la portano a godere dei diritti di cittadinanza, a sostenerlo nei momenti di protesta per quello che non c’è e ad accoglierlo nella scomodità (ma meno male c’è) del dormitorio.

In questa storia non c’è ancora la fine e nemmeno ci sono notizie confortanti e di successo. Ma una cosa forse l’abbiamo capita e va salvata: dobbiamo sopportare e supportare il tempo lungo dei nostri interventi e sapere sempre che ogni momento richiede cura e ascolto e che alcune storie non avranno mai un punto d’arrivo, perché sono così difficilmente narrabili da stupirci sempre quando raggiungiamo un obiettivo. Intanto Alfonso resta uno di quelli che può contare su di noi… E che con allegria e a volte con una rabbia gestibile ci interroga su tutto quello che il Sistema non riesce a garantire, nonostante i tanti errori di chi è stato o sta ai margini.

Buon lavoro a tutti noi…. e ai nostri Long Times della cura e dell’educazione!

Sabrina Gaiera

Per info: g.formigoni@coopintrecci.it