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“Se da una parte vedi barconi e gommoni pieni di disperati e dall’altra hai degli spazi vuoti, è facile che si accenda la lampadina. Non occorre essere dei geni”. Inizia così l’intervista a don Armando Cattaneo, prevosto della città di Saronno, che ha accettato di rispondere a quattro domande sull’esperienza di accoglienza di Casa Adama, proprio nei locali della parrocchia centrale. Un’esperienza che ha lasciato il segno.

“Ero straniero e mi avete accolto”: da passo del Vangelo a opera concreta. Da dove nasce l’idea di “Casa di Adama”?

Se da una parte vedi barconi e gommoni pieni di disperati e dall’altra hai degli spazi vuoti, è facile che si accenda la lampadina. Non occorre essere dei geni. A premere l’interruttore però ci pensò il prefetto di Varese dell’epoca, il dott. Zanzi, che con più telefonate mi chiedeva letteralmente aiuto. Così pensammo e preparammo un posto per 32 migranti nelle scuole inutilizzate delle suore della Presentazione, nella zona detta “delle villette”. Tutto pronto, imbiancato e arredato, persino con asciugamani e saponette negli armadietti (uno per ogni migrante atteso), con il coinvolgimento entusiastico degli scouts, il responsabile designato Giovanni Caimi all’opera da mesi, una lettera di Benvenuto condivisa da tutti i preti del decanato, l’incontro personale del direttore della Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti con il sindaco Alessandro Fagioli… Tutto a posto. Due ore dopo l’incontro il sindaco stoppava l’arrivo, stoppava la Caritas diocesana e la sua Coop. Intrecci, stoppava le sei parrocchie di Saronno, stoppava anche il prefetto Zanzi. Se si fosse trattato di calcio si sarebbe detto di aver trovato lo stopper della nazionale!
Adesso mi ostino a pensare che si sia trattato della prova generale dell’operazione “porti chiusi”! Ma sono pure convinto -paradossalmente- di avere eseguito alla lettera il famoso slogan della Lega “Prendeteli a casa vostra”! Dal momento che ho una casa più grande forse di quella famigerata del card. Bertone, ho dirottato a casa mia una decina di quei 32 stoppati.

La reazione della comunità parrocchiale a questa iniziativa quale è stata?

I ragazzi furono accolti con una grande gioia dalle parrocchie. In più sedute del Consiglio Pastorale era stata approvata, anzi caldeggiata la loro accoglienza. In una serata indimenticabile loro si presentarono alla popolazione, aiutandosi tra di loro a esprimersi come potevano. Il nome ADAMA lo scelsero loro, i ragazzi migranti, in memoria di un loro amico suicidatosi nella stazione centrale di Milano perché rifiutato da tutti. Per loro è stato come dire: “Adama, questa è casa tua. Ora una casa ce l’hai!”.

Dopo due anni e mezzo di accoglienza quali sono le difficoltà incontrate dentro e fuori la Parrocchia?

Le difficoltà e le paure montate da varie parti si sono rivelate del tutto infondate: i ragazzi stanno nella casa più centrale della città eppure molti mi chiedono per strada: “Dove sono andati i ragazzi? Perché se ne sono andati via?”. In realtà vanno e vengono ad ogni ora del giorno. La loro è una presenza così naturale che pochi la notano! Se c’è un aspetto non pienamente soddisfacente per me è che sono fin troppo indipendenti e quindi non è facile creare, come pensavo, momenti di vita condivisa tra loro e la popolazione. Ma questa è anche la più grande soddisfazione: non sono “altro” da noi, sono alcuni di noi.

E invece quali sono state le cose belle, quelle che Le fanno dire che ne è valsa la pena? – Un episodio, una storia, un aspetto che l’ha colpita particolarmente dal punto di vista personale.

Abbiamo comunque collezionato una serie di “belle storie” tra loro e noi:

  • Ogni volta che chiediamo un aiuto, anche “muscolare”, loro si organizzano in un attimo e ci sono. E guai se poi pensi di offrire loro qualcosa per sdebitarti!
  • Uno di loro lo vedevo teso, nervosissimo, parlava agitato al cellulare fino a tarda notte… poi scoprii che aveva perso per strada, letteralmente, moglie e tre figli! Quando li rintracciò, mesi dopo il suo arrivo a Saronno, si trasformò radicalmente, mi presentava i suoi cari ritrovati con orgoglio ogni volta che ci incontravamo.
  • Due o tre volte si dovette chiamare l’autoambulanza di prima mattina perché qualcuno di loro stava male. Ogni volta ci fu spiegato dai medici che si era trattato “solo” di crisi di panico nel sonno, sicuramente dovute ai tremendi ricordi del viaggio che riaffioravano.
  • Molti pensionati saronnesi stazionano in piazza e usano disinvoltamente i bagni della chiesa prepositurale come servizi pubblici. Percepito il problema, il coordinatore di questi ragazzi migranti si offrì spontaneamente a lavare i bagni ogni sera. Più d’una volta l’ho sorpreso nel suo lavoro spontaneo a mezzanotte, tutto solo, fedelissimo all’impegno preso!

Che cosa aggiungere? Grazie, Signore. Inshallah. Baruk Hashem.

Intervista a cura di Federica Di Donato
Info: progetto.saronno@coopintrecci.it