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Permanenze brevi con un progetto definito. Sono forse questi due aggettivi che avvicinano le storie di Luca e Antonio, ospiti di due differenti dormitori a Busto Arsizio.

Ne scrivo come per fissare due estremi che stanno diventando sempre più polarizzati all’interno delle nostre strutture a bassissima soglia, dove viene riconosciuto alle persone un luogo di “spinta” per una possibile ripresa.

Luca anagraficamente non è da annoverare tra gli anziani, in un paese che vede allungare le prospettive di vita (lui ha “solo” 68 anni), ma il suo approccio agli eventi quotidiani è quello di un uomo che ormai attende che tutto, ma proprio tutto, accada all’esterno di lui e a suo favore. Antonio è invece giovane; ha 25 anni, è in strada da tempo e conosce ogni piega del nostro sistema di sostegno e sa giocare al meglio la sua capacità di stare nel sistema, uscire e ritornare.

Negli ultimi mesi entrambi fanno sosta nei nostri servizi. Luca per la prima volta, Antonio ci ritorna per la seconda volta. Luca arriva dal Pronto Soccorso dove è stato portato in urgenza una notte dopo aver subito violenza dal figlio adottivo che chiedeva soldi e “cose”, Antonio dalla strada per chiudere un capitolo di uso di sostanze ormai esasperato e per trovare cura e sollievo in una comunità. Le loro “degenze” nei nostri servizi sono diverse per le condizioni anagrafiche, ma richiedono un po’ le stesse cose: accompagnamenti durante il giorno per accedere ai servizi, ricerca di un vestito in più, richiesta di farmaci per malesseri momentanei, elenco quotidiano dei bisogni primari.

Luca non ha una rete di servizi al seguito; vanta un buon amministratore di sostegno che quotidianamente cerca per lui una soluzione alternativa al rientro nella sua abitazione, che è disponibile ma ha le caratteristiche che spesso incontriamo: accumulo di cose, poca pulizia, solitudine e l’incubo che il figlio possa tornare. Antonio è entrato e uscito da qualsiasi rete di servizi, ora tocca al Sert prodigarsi per una cura che possa dare tregua alla fatica dell’abuso di sostanze che si unisce alla fragilità psicologica, e un posto dove stare non ce l’ha: figlio adottivo che in adolescenza –  credo con sofferenza e con molti rimpianti (ma questo lo penso io) -ha rotto ogni legame positivo con la famiglia, ormai in grado solo di chiedergli di stare altrove.

Luca non sa cosa può essere e cosa può offrire un dormitorio; Antonio ne conosce ogni sfumatura.

Le loro permanenze hanno ritmi e modalità opposte tra loro: Luca si muove dal primo piano allo stanzone del dormitorio, chiede continuamente cibo alla Caritas pur avendo tutte le possibilità per comprarlo, cerca sempre conforto o forse solo aiuto dagli altri ospiti e chiede la stessa cosa agli operatori per almeno dieci volte al giorno; Antonio è veloce nei suoi passaggi, si sveglia presto, corre ovunque e chiede sempre le stesse cose: spiccioli per le sigarette, caffè e magari un dolce. Luca aspetta con buone capacità di stare fermo la soluzione al suo stare “nel mondo”, evidenziando quello che desidera e pensando che – visto che è anziano – la cura e l’attenzione gli siano anche un po’ dovute; Antonio urla il suo bisogno rivendicando le promesse fatte da altri e lamentando che, proprio ora che lui è pronto, la soluzione viene sempre procrastinata: “così non va, mi obbligano a tornare nella mia fatica”.

Una caratteristica concreta li accomuna: la richiesta del ricovero. Per entrambi si chiama spesso il 112, si chiede l’intervento di un medico e poi tutte le volte rientrano entrambi in struttura dopo avere beneficiato di un codice verde, un esame “di base” e una terapia impostata in velocità.

Due passaggi veloci ma carichi di significati, quelli di Antonio e Luca nelle nostre accoglienze: i loro bisogni in primis, ma anche la possibilità di leggere nelle loro storie la situazione di molte famiglie, la sfilacciata presenza o forse l’evidente assenza di reti di supporto, di relazioni che ormai non possono più tenere perché gli eventi della vita ne hanno usurato qualsiasi possibilità di ricucire quello che c’era.

Luca e a Antonio non si sono mai incontrati, forse non si sarebbero nemmeno piaciuti, ma la loro storia molto più lunga di due dati riportati in questo foglio ha tratti di vicinanza che sicuramente ci dicono cose importanti se potessimo per una volta tornare indietro e promuovere interventi di prevenzione invece che accoglienze finalizzate alla riduzione del danno e ad una possibile ripresa.

Le loro storie ci parlano di genitori adottivi, di figli che reclamano la fatica di non avere un’identità precisa quando scoppia il periodo dell’adolescenza e della giovinezza, di ricchezza economica che non è bastata a garantire a tutti in famiglia di stare bene, di rivendicazione del ruolo di padre e di quello di figlio raccontati con fatica e in pochi passaggi.

Luca non avremo più modo di vederlo: l’RSA o un eventuale rientro a casa sono certezze che sicuramente gli eviteranno di ritornare nella fatica (per lui, sicuramente è stato così) del dormitorio. Un sollievo in primis per lui, ma anche per i suoi compagni di questo breve periodo, sovente investiti dalle sue richieste di cura e di vicinanza (nelle nostre accoglienze pochi ospiti hanno energie sufficienti per badare agli altri). Quel poco che resta in termini di risorse personali è necessario a ciascuno per organizzare il proprio percorso, gli altri sono invisibili fin dall’inizio o resi invisibili nel tempo (almeno nei loro bisogni, certo non nelle scaramucce della convivenza).

Antonio potrebbe ritornare con il suo carico di sofferenza o magari con nuove soluzioni alla sua fatica di stare nel mondo, chissà.

Noi siamo qui, sulla porta. Un’equipe che mai si sottrae alle richieste, che studia possibili soluzioni, che accompagna, protegge, spinge al cambiamento, accoglie ogni fatica e la lascia riposare su letti non sempre ben fatti e con cuscini da cambiare.

Passeranno altre storie e noi impareremo a leggere i nuovi bisogni e a definire risposte sempre più adeguate dopo che per l’ennesima volta la complessità delle richieste ci avrà fatto pensare a nuove e più ampie soluzioni.

Sabrina Gaiera

A seguito del progetto “Farsi Strada”, finanziato dal Fondo Povertà Estrema del distretto di Busto Arsizio, nacque una collaborazione con la parrocchia di Sant’Anna finalizzata alla co-progettazione e successiva gestione condivisa del dormitorio da 20 anni attivo all’interno della parrocchia.

Il progetto successivo, finanziato da Fondazione comunitaria del Varesotto, ha previsto l’avvio e la stabilizzazione di un intervento professionale a supporto dell’impegno del parroco e dei volontari; nello specifico il servizio permetteva la presenza di due educatori part-time presso la struttura e di un custode per le ore serali. Oggi è il Comune di Busto Arsizio con il Fondo Povertà che finanzia parte dell’intervento di Intrecci a S.Anna (la custodia), e per gli interventi educativi viene fatto sistema con il resto delle progettualità sull’inclusione che gravitano sulla città di Busto. Il dormitorio ha una capienza di 12 persone, maschi, adulti, e interviene nelle situazioni di estrema marginalità attivando rapporti di rete con i servizi pubblici (servizi sociali e servizi di cura) per ridefinire percorsi di inclusione e promozione del benessere individuale. Il progetto lavora in rete con servizi e associazioni della città per la definizione di politiche attente all’accoglienza delle fasce di popolazione emarginate.

Destinatari delle attività28
TitolaritàParrocchia di S.Anna e Intrecci
SedeBusto Arsizio (VA)
Anno di avvio2021
e-mailg.formigoni@coopintrecci.it

Il Rifugio “Franco Mazzucchelli”, intitolato il 4 ottobre 2021 dall’amministrazione comunale di Busto Arsizio, è gestito da Coop. Intrecci dal novembre 2022. è un dormitorio di pronta accoglienza emergenziale aperto tutto l’anno, che offre 11 posti letto più 3 posti di emergenza a persone senza dimora che gravitano intorno alla stazione di Busto Arsizio. Inserendo da subito la presenza di un custode stabile, e lavorando a stretto contatto con i Servizi Sociali comunali, unico ente segnalante e committente, Intrecci rilevando la gestione della struttura ha migliorato progressivamente la qualità dell’intervento, arrivando nel 2023 ad inserire il rifugio della stazione nella filiera dei servizi per la grave emarginazione e a favore dell’inclusione sociale delle persone più fragili, in particolare senza dimora, gestita dalla cooperativa a Busto Arsizio. I progetti PRINS e PNRR hanno permesso in particolare di affiancare alle persone risorse fondamentali come educatori professionali in grado di accompagnare progetti individualizzati di graduale miglioramento della condizione sociale e abitativa delle persone, in una logica di intervento “territoriale” e trasversale ai servizi della cooperativa che possono offrire progressivamente soluzioni diverse alle differenti situazioni delle persone beneficiarie. Alla fine del 2023 sono stati effettuati lavori di ampliamento del rifugio che permettono di pensare ad una nuova disposizione degli spazi più agevole e a immaginare per il 2024 il ritorno all’operatività del dormitorio femminile

Destinatari delle attività24
TitolaritàComune di Busto Arsizio (VA)
SedeBusto Arsizio (VA)
Anno di avvio2022
e-mailg.formigoni@coopintrecci.it