Il Consorzio Communitas è l’ente capofila del Progetto FAMI Fra Noi 2 (Rete nazionale di accoglienza diffusa per un’autonomia possibile) a cui Consorzio Farsi Prossimo aderisce e la Cooperativa Intrecci ne è coinvolta in quanto consorziata. Il progetto ha valenza nazionale e ha come obiettivo rispondere ai bisogni di 450 titolari di protezione internazionale in 14 Regioni su tutto il territorio nazionale e nelle due principali Città metropolitane. Per conoscere meglio questa seconda edizione abbiamo deciso porre tre domande a Giulia Telaro, case manager, che lavora a diretto contatto con i beneficiari e poi dar spazio direttamente alle loro storie.
Per prima cosa Giulia, qual è il valore aggiunto del progetto FAMI? Cosa apporta in più rispetto al Servizio Accoglienza e Integrazione (SAI)?
Da ottobre 2020 sto dedicando parte delle mie ore alla seconda edizione del progetto FAMI Fra noi 2, che si concluderà il prossimo giugno. Come case manager, ho seguito finora 31 piani individuali, delineati insieme ai destinatari e in sinergia con le équipe dei progetti SAI che li hanno segnalati.
Se la mission dei progetti di accoglienza SAI è l’accompagnamento delle persone titolari di protezione internazionale verso l’autonomia, il FAMI ambisce a spostare quel verso ancora più in là, in direzione dello “stare in piedi” da soli.
Le progettualità nel SAI sono a scadenza (fino alla dimissione dal progetto), e non sempre i tempi corrispondono alle specificità di ognuno. Questo invece cambia nel FAMI ed è, a mio avviso, un vantaggio: le persone sperimentano la vita nel “mondo esterno”, pur avendo ancora un operatore di riferimento e ricevendo supporto sia in termini di consulenza all’autonomia, sia in termini economici.
Quali sono gli interventi finanziabili dal progetto? e quali i criteri di accesso per i beneficiari?
Il progetto non prevede spese dirette, ma i destinatari ricevono rimborsi, a seconda del loro piano individuale, per spese riguardanti le aree di cui si occupa il FAMI: abitativa (case in autonomia, housing sociale, accoglienza in famiglia); inserimento lavorativo e inserimento sociale. Ad esempio, ad oggi a molti si è rimborsato il pagamento per il conseguimento della patente di guida; per tre le spese per l’acquisto o l’assicurazione di un’auto; molti hanno visto il rimborso di abbonamenti ai trasporti pubblici per andare al lavoro.
Per poter accedere agli aiuti i destinatari devono essere in possesso di un permesso di soggiorno per asilo o protezione sussidiaria e essere usciti da un progetto SAI. I fondi infatti sono incompatibili tra i due sistemi.
Come è cambiata la vita dei destinatari del FAMI? Quali esperienze hanno vissuto?
La storia di S., in uscita dal SAI di Varese, è abbastanza significativa. S. lavora come lavapiatti in un ristorante di Varese città. La sua famiglia dovrebbe raggiungerlo a breve dal paese d’origine e tramite la sua rete è riuscito a trovare un appartamento in affitto a Gallarate. Il lavoro finisce oltre ogni possibile orario di trasporto pubblico e non è pensabile prendere la patente e comprare un’auto in tempi così brevi; così S. stesso ha identificato come unica soluzione l’acquisto di una bicicletta elettrica da caricare sul treno all’andata, per tornare a casa di notte nei 15 km che separano Varese da Gallarate. Non avrebbe potuto fare questo acquisto senza imbarcarsi in prestiti fra amici, faticosi da rimborsare, ma senza la bicicletta sarebbe stato obbligato a rinunciare o al lavoro o alla casa.
Due famiglie con entrambi i genitori lavoratori hanno beneficiato di rimborsi per il nido dei loro figli nella fase iniziale del loro trasferimento nel nuovo luogo di vita.
Un signore del Bangladesh, uscito dal progetto SAI per trasferirsi in una soluzione alloggiativa temporanea come ospite presso connazionali, è riuscito nei mesi successivi a reperire un appartamento in locazione, per cui lo abbiamo potuto sostenere con le prime mensilità.
Tra le varie progettualità vi è anche un percorso di accoglienza in famiglia, partito da pochissimo, a Saronno. Famiglia e persona accolta si stanno ancora conoscendo, ma lei non vede l’ora di ricevere il primo stipendio per preparare alla famiglia un pranzo tradizionale del suo paese.
Personalmente questo sguardo al di fuori dell’accoglienza mi arricchisce, mi rende consapevole delle difficoltà che possono ancora trovare sul loro cammino le persone che accompagniamo una volta uscite dai progetti, ma anche delle loro risorse che con un pezzetto di sostegno in più riescono a mettere a frutto, a beneficio di tutti.
A cura di Elena Pastorino