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Da poco più di un anno la cooperativa Intrecci collabora con la parrocchia di Sant’Anna a Busto Arsizio nella gestione del dormitorio di accoglienza per persone in condizioni di grave emarginazione. Il progetto è sostenuto dalla Fondazione comunitaria del Varesotto, in sinergia col Comune di Busto Arsizio. La collaborazione si sostanzia anche e soprattutto nel rapporto che gli operatori hanno con don Michele Gatti, vero e proprio “motore” di tutto ciò che succede nella Domus, un parroco che si adopera in prima persona e che ama il contatto umano, la relazione con le persone che accoglie.  

Don Michele, il dormitorio presso la parrocchia di Sant’Anna a Busto è una tua “creatura”, che recentemente è diventato una realtà su cui tu e noi di cooperativa abbiamo iniziato a collaborare. Ci racconteresti in breve la storia di questo luogo?

Il dormitorio, o meglio la “Domus” come la chiamiamo di solito, non è propriamente una mia creatura, esiste come opera parrocchiale dal 1999 (era stata pensata come “segno” del Giubileo), l’ho ereditata dai miei predecessori quando sono diventato parroco a Sant’Anna nel settembre del 2016. È una realtà che fa parte dell’identità della nostra parrocchia. Una realtà che si è trasformata nel corso degli anni… La comunità e il quartiere sono molto legati a quest’opera e da tempo se ne invocava un rilancio. Il passare degli anni ne aveva cambiato un po’ il volto: da punto di ripartenza per chi era venuto a trovarsi in un momento di grave difficoltà era diventato ricovero di situazioni che si cominciavano a trascinare troppo a lungo… Questo ha bloccato la casa e la sua “mission”: molte volte persone che ne avevano bisogno non hanno trovato accoglienza, spesso gli ospiti erano abbandonati a loro stessi e non trovavano aiuto e stimolo a riprendere le redini della propria vicenda personale.

Oggi a che punto siamo? Come procede la collaborazione con gli operatori? Quale credi possa essere il valore aggiunto portato da Intrecci?

Da tempo avevamo intuito la necessità di attivare collaborazioni, da sola la parrocchia non era in grado di gestire la complessità delle situazioni degli ospiti. L’arrivo di Intrecci ha significato per noi la possibilità di attivare una rete di contatti che ci ha permesso di ripensare il nostro servizio, di rilanciarlo in termini di competenze educative, di progettualità e di collaborazione con altre associazioni ed enti sociali. Grazie alla collaborazione con Intrecci ci siamo inoltre aperti ai bisogni del carcere che è situato proprio nel territorio della nostra parrocchia, attivando anche per questa realtà occasioni di ospitalità e collaborazione.

In questi anni hai conosciuto tante persone, tante storie difficili, a volte drammatiche. C’è una persona o un episodio che ti ha colpito in modo particolare?

Mi vengono in mente tanti nomi, volti, sorrisi (molti dei quali sdentati!)… Accompagnare una realtà come la Domus è una quotidiana scuola di umanità: ne vedi tutta la bellezza e ne conosci la fragilità, ti arrabbi delle sue lentezze e delle sue povertà, ma non smetti mai di stupirti per quelle piccole cose che molto spesso passano inosservate ma che, in realtà, sono tessere di un mosaico di dignità e di fierezza. Ogni ospite della nostra casa è diventato un pezzo vivo della nostra comunità: l’ha costruita, l’ha trasformata e l’ha resa più vera. Sicuramente questa esperienza ha fatto crescere me e mi hanno reso più uomo, una persona migliore!

Ci racconti anche qualcosa di te, Michele, al di fuori del tuo incarico come parroco e dell’accoglienza del Sant’Anna? Quali sono le tue passioni?

Sono prete da 24 anni e non ho ancora smesso di esserne contento! Oltre a questo sono abbastanza “onnivoro” nelle mie passioni… Vado un po’ in ordine sparso: tifo per l’Atalanta e sono orgoglioso di questa squadra; a tavola mi piacciono soprattutto i primi… amo la pizza e la mangerei ogni sera senza stancarmene; il mio cantante preferito è Tom Waits, mentre tra gli italiani mi intriga Carmen Consoli, ma il preferito di sempre è Fabrizio De Andrè; la canzone che mi piace di più è “L’uomo vivo (inno alla gioia)” di Vinicio Capossela (cercatela su youtube… ne vale la pena!); da ragazzo mi piaceva molto andare al cinema, adesso purtroppo ci vado poco… Il film che in assoluto mi è piaciuto di più è stato “Gatto nero gatto bianco” di Emir Kusturica: una critica sociale spietata che diventa inno alla vita! Quando l’ho visto al cinema sono rimasto dentro a vederlo due volte di fila e all’uscita mi sono fatto regalare la locandina che è rimasta appesa in casa mia per una decina d’anni. L’ho persa durante un trasloco ma ogni tanto provo ancora a cercarla nelle mie cianfrusaglie… Negli anni credo di averlo rivisto una quindicina di volte con i miei amici e i ragazzi dei miei oratori. Se volete organizziamo una proiezione qui nel nostro teatro! la videocassetta ormai è inservibile ma l’anno scorso mi hanno regalato il dvd!

Ho letto quasi tutti i libri di Stefano Benni e lo amo come un fratello, ma in generale quando riesco leggo un po’ di tutto… Mi sono piaciuti molto i libri di Jonas Jonasson in particolare “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve”. Mi fermo qui perché sennò l’intervista diventa troppo lunga, ma la deriva delle cose che mi piacciono potrebbe continuare a lungo!

Quando parliamo di accoglienza oggi viene da pensare immediatamente all’Ucraina, ai profughi e alla guerra in corso… Ma l’accoglienza dovremmo praticarla anche in assenza di guerre o crisi internazionali, non trovi?

Abbiamo un ospite afghano in Domus che me lo dice spesso! La guerra in Ucraina è senz’altro un dramma che ci lascia sgomenti e ci deve aprire gli occhi. L’onda emotiva è qualcosa di positivo ed è una bella cosa desiderare di darsi da fare in questa situazione, ma poi dovremo guardare in faccia seriamente anche l’indifferenza che abbiamo coltivato negli anni: è accaduto in Siria, in Afghanistan, in Libia, in Sud Sudan e in molti altri paesi e ci eravamo abituati, e abbiamo accettato che i profughi di queste terre fossero trattati da invasori… Spero che l’onda lunga di questi eventi non si esaurisca nell’affanno per l’aumento del prezzo del gas (anche se un serio ragionamento sulle fonti energetiche ci farebbe bene… e la generazione dei nostri ragazzi ce lo gridava da tanto!), c’è molto da fare ma in particolare mi viene in mente una legislazione sull’accoglienza dei migranti che continua ad essere inutilmente complicata e, vi assicuro, umiliante per chi chiede ospitalità e dignità e per chi come noi si sforza di accompagnare questi cammini.

Qualche giorno fa Don Michele ha scritto un messaggio sul gruppo Whatsapp che riunisce chi opera intorno alla Domus. “A. ha fatto la doccia! E’ troppo poco per essere contenti? Beh almeno è un inizio!”, diceva.

Lavoriamo ogni giorno per queste minuscole soddisfazioni, questi piccoli passi che possono diventare dei nuovi inizi. A Busto Arsizio abbiamo la fortuna di farlo insieme a persone come Don Michele.  

A cura di Dario Giacobazzi

Info: d.giacobazzi@coopintrecci.it