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Nel nostro lavoro di tutti i giorni è normale, quasi naturale incontrare la fragilità: fragilità di famiglie, padri, madri, figli, persone che ad un certo punto nel percorso della loro vita si trovano davanti uno o più ostacoli da superare. Per forza.

Spesso mi chiedo incontrando questi volti e le loro storie quale sia il motore che li spinge ad andare avanti sempre, anche quando è dura, a volte troppo dura. Ultimamente mi sono risposta che spesso il motore è l’amore, l’amore per se stessi, per la persona che ti sta accanto, l’amore per i figli.

E proprio da questo amore che voglio partire oggi per raccontarvi una storia, la storia di Sandra (nome di fantasia) che quasi due anni fa si è rivolta al nostro sportello stranieri di Rho. Aveva bisogno di capire come fare per prendere un appuntamento con la Questura per Andrea, il suo bambino, che aveva un grave problema di salute.

Sandra non era e non è tutt’ora una donna che non ha strumenti, anzi: nel suo paese nell’est Europa lei ha un lavoro stabile, vive con suo marito e i suoi due figli, sono una famiglia “normale” sconvolta da un evento imprevisto a cui non è riuscita a trovare risposta se non quella di partire.

Tornando a quel giorno, quando l’abbiamo incontrata in sportello, ricordo il suo sguardo fiero e ferito: fiero perché sa di essere in Italia per un motivo specifico e vuole raggiungere il suo obiettivo, e ferito perché la procedura per la richiesta del permesso di soggiorno per cure mediche del suo bambino lei l’aveva già fatta una volta, non è andata a buon fine e qualcuno le ha anche detto che insomma…i bambini malati li abbiamo anche qui in Italia, non è che possiamo curare tutti.

Ricordo di essermi sentita mortificata in quanto essere umano. Ma Sandra quel giorno non si è fatta abbattere, anzi, ha trovato ancora di più dentro di sé la forza per proteggere Andrea e per proteggere quel loro diritto alla cura.

Passato lo sconforto inziale, riusciamo ad ottenere questo sospirato permesso di soggiorno. Tutto è bene quel che finisce bene. No. Perché la vita, quando ci si mette, sa essere la peggiore matrigna cattiva che possiamo immaginare.
Anche Sandra inizia a non stare bene e facendo controlli approfonditi scopre che anche lei è affetta da un brutto male e inizia così la terapia per guarire; lei e Andrea, mano nella mano anche in quel dolore.

Chiaramente la situazione si fa difficile anche nella quotidianità e così Sandra e Andrea sono raggiunti dal marito e papà e dall’altro figlio e fratello. La famiglia si è riunita e pur nella complessità di un momento così delicato si dà man forte.

Abbiamo rivisto Sandra e suo marito qualche settimana fa e ancora oggi, dopo due anni, ho rivisto quello sguardo fiero di chi non si è fatto abbattere nonostante le difficoltà da affrontare ogni giorno.
Sandra ha trovato un lavoretto, suo marito è alla ricerca e stanno cercando di impostare una normalità di vita qui in Italia, cosa non semplice e nemmeno prevista all’inizio della loro storia.

Due anni fa una mamma e il suo bambino lasciano il loro paese per cercare le migliori cure per lui; oggi una famiglia cresce e cerca di mettere radici lontano da casa, ma insieme, guidati dall’amore e spinti dalla ricerca della felicità e della serenità.

Che è un diritto di tutti. O quantomeno, dovrebbe esserlo.

Federica Di Donato