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Si è appena concluso “Il Filo d’Arianna”, un progetto caratterizzato da una grande pluralità di soggetti coinvolti e di differenti punti di vista.

Il progetto è ripartito a metà ottobre, realizzato da Intrecci, con il coinvolgimento della rete territoriale e il contributo della Fondazione Comunitaria Nord Milano. Al suo interno sono stati organizzati due corsi di sartoria e due corsi di lingua italiana rivolti a donne straniere. Questo percorso ha segnato anche la ripartenza di Cherit, un laboratorio di sartoria luminoso e coloratissimo che per un po’ è diventato uno spazio in cui coltivare la passione del cucito, ma anche un luogo per raccontare e raccontarsi.

È stato un percorso intimo e intenso, segnato dalla presenza di donne diverse, anzi diversissime, per età, per esperienze e provenienza, accomunate tutte, però, da una felice propensione all’incontro e alla scoperta.

Che fosse una bella occasione per metterci in gioco e affrontare tematiche apparentemente inusuali per il mondo del sociale lo abbiamo, fortunatamente, capito da subito anche noi operatrici e così, io e Chiara, che insieme a Khadyja si sarebbe occupata del corso di sartoria, ci siamo ritrovate davanti a un hugo ghiacciato in una serata di fine settembre a scambiarci idee e proposte e a dirci quanto fossimo contente di lavorare di nuovo insieme. Così è nata l’idea di arricchire il mio corso di italiano di contenuti sul tema della moda, la femminilità e l’espressione di sé; il resto lo ha fatto il caso che ha fatto incontrare persone così diverse e allo stesso tempo affini. Nel nostro corso c’erano fianco a fianco B., che viene dal Brasile, è una donna con un’incredibile senso dell’umorismo, una grande sensibilità e una passione sfrenata per il cucito e i bikini da pin up, insieme a R., giovanissima egiziana con quattro figli piccoli che, nonostante gli impegni e le notti in bianco, non ha mancato una lezione, finché ha potuto.   Insieme abbiamo parlato di bellezza e imperfezione, di come cambia la percezione del bello a seconda del tempo e dei luoghi, ci siamo lasciate affascinare e ispirare dalla creatività di donne pazienti e silenziose come Maria Lai e dal carattere fecondo e burrascoso della Schiaparelli, per la quale, abbiamo scoperto, un vestito è un pensiero, territorio per raccontarsi e ridefinirsi, disegnare perimetri per acquistare centimetri, spalle e sicurezza, e con le spalle più larghe abbiamo raccontato il nostro percorso e cosa sappiamo fare, per essere pronte per un colloquio di lavoro e portare fuori quello che abbiamo imparato dentro un laboratorio disordinato pieno di fili e stoffe. E grazie a questi incontri un paio di ragazze ha ammesso di aver trovato la spinta di affrontare un colloquio di lavoro, noi, per adesso, incrociamo le dita, ma sorridiamo sornione quando ce lo raccontano perché, in fondo, è già una piccola, grande conquista.

Chiara e Khadyja hanno tenuto il corso di sartoria, in cui le corsiste hanno imparato la differenza tra ordito e trama, a cucire a mano e a macchina, a fare gli orli di pantaloni e tende, a rammendare i jeans, a fare gli occhielli a macchina, a cambiare le cerniere e a rimettere a modello un abito o la fodera di un cappotto.

Il corso si è avvalso del preziosissimo contributo delle due volontarie Gianna, dolcissima e rigorosa insegnante di lettere in pensione, e Sofia, che con la grazia e la leggerezza dei suoi ventiquattro anni ci ha travolte di nuove idee su brand emergenti, uso e riuso nella moda ​ed ethical fashion e ci ha fatto davvero vedere il mondo della moda con altri occhi.

È così che Sofia si descrive e parla della sua esperienza con noi: “Sono una studentessa di comunicazione e moda con una forte propensione all’ascolto degli altri, una voce che mi ha sempre parlato, ma che non

mi ero mai fermata ad ascoltare fino in fondo. Quando l’ho ascoltata mi ha messa a nudo e mi ha fatto capire che anche la moda può diventare un modo per aiutare gli altri, riempiendola non solo di creatività, ma anche di amore. Uno dei progetti di sartoria in cui è successo proprio così è stato Il filo d’Arianna, dove non solo ho scoperto cosa significhi avere dedizione e cura per ciò che si crea con le proprie mani, ma anche di come la parola filo non racconti solo la storia di un abito da cucire, bensì quella di splendide persone, ognuna speciale a modo suo”.

Io posso solo dire di sentirmi fortunata ad avere fatto questo percorso con voi, con tutte, e spero tanto che in futuro si possano tessere altre trame di relazioni così felici.

Francesca Piras

Info: ilfilodiarianna@coopintrecci.it