#20diaccoglienza dai quali emergono tutte le storie, le emozioni, le vite di persone che sono transitate, come accolti o accoglienti, nel progetto SAI di Caronno Pertusella in questi ultimi venti anni. “Venti” che hanno sempre soffiato per spronare tutti ad andare avanti, a costruire insieme, a guardare nella stessa direzione. Vogliamo dare voce a chi questi anni li ha vissuti, perché nessun altro può raccontare meglio la storia di chi l’ha affrontata da protagonista. La collega e amica Kuteis ne è un esempio: lavora a Caronno Pertusella da ormai undici anni, ma la sua storia qui inizia molto prima, da richiedente asilo.
Dall’Azerbaigian a Caronno: come hai vissuto questo lungo passo e come lo vivi ora?
Il mio viaggio è stato abbastanza veloce, ricordo ancora quella giornata calda di agosto del 2001, avevo contato esattamente dieci fermate da Milano Cadorna. Una volta arrivata a Caronno Pertusella ho sentito il vero distacco dal mio Paese e ho pensato: dove sono finita?! Quanto sono distante da casa mia?! Oggi, alla stessa domanda, rispondo: mi sento a casa!
Quando sei stata in accoglienza nel Progetto di Caronno? Quali sono le cose che ti hanno colpita all’epoca e che ti porti dietro?
Sono stata accolta dal 20 agosto 2001 ai primi di marzo 2003. Appena arrivata a Caronno sono rimasta colpita dalla semplicità e dalla cordialità delle persone che ho conosciuto: il signore che curava l’orto, di cui non ricordo il nome ma solo che aveva la pelle chiarissima e la barba bianca, mi sembrava Babbo Natale: dal primo giorno ha cercato di insegnarmi la lingua italiana. I volontari che organizzavano delle attività per far passare il tempo ai bambini del progetto. Ricordo ancora lo zainetto rosso con l’astuccio coordinato che è stato regalato da un volontario alla mia sorellina che doveva iniziare la scuola primaria proprio dieci giorni dopo il nostro arrivo. Mi porto dietro questi gesti semplici che riempiono il cuore di una ragazzina che ha appena realizzato di aver perso tutto quello che aveva: la scuola, la casa, le amicizie.
Da beneficiaria a operatrice: cosa ti ha portato a questa scelta? E come è stato l’impatto di tornare dove eri accolta?
Dopo l’uscita dal Progetto la mia famiglia ha costruito la propria rete a Saronno e per due anni non sono tornata a Caronno Pertusella, nonostante le mie amicizie fossero rimaste lì. Sentivo il bisogno di staccare, non volevo partecipare nemmeno ai vari eventi a cui venivo invitata. Poi un giorno ho deciso di tornarci perchè volevo in qualche modo restituire il bene che avevo ricevuto. Ho pensato alle cose che mi avevano fatta sentire felice mentre ero ospite del progetto: mi sono sempre sentita accolta, coccolata senza pregiudizi dai volontari che frequentavano il Centro d’accoglienza. E perchè ora non potevo fare anche io la stessa cosa? Non c’era nulla che me lo impediva. Quindi ho iniziato a frequentare più spesso il progetto, inventandomi qualche attività settimanale per i bambini. Nei mesi successivi ho iniziato a fare le traduzioni scritte dei regolamenti dei Centri d’Accoglienza di Caronno e Varese e ho iniziato a partecipare anche ai vari colloqui come mediatrice linguistica e culturale. Dal 2010 ho iniziato a lavorarci come operatrice sociale. All’inizio ho fatto fatica ad accettare che la casa, precisamente la stanza, dove ho vissuto per due anni era diventata l’ufficio del centro. Ricordo diverse riunioni di équipe durante le quali ho fatto fatica a concentrarmi perchè tornavo sempre indietro nei miei ricordi in quella stanza. Poi pian piano sono riuscita a superare questo ostacolo e sono tornata a sentirmi a mio agio. Protetta, a casa.
Rispetto a quando eri ospite cosa è cambiato nel Progetto?
Tutto! La modalità di accoglienza, la struttura (prima erano stanze per due famiglie ora sono uffici), le regole, le tempistiche, la modalità di lavoro.
Ultima domanda: come descriveresti il tuo percorso migratorio in una parola?
Ricco!
Intervista di Elena Pastorino
Info: caronno@coopintrecci.it